15 mesi di autogestione e 8 giorni sul carroponte: hanno lottato per i loro diritti e li hanno riconquistati!
Martedì 11 agosto, per tutta la giornata il presidio di fronte alla fabbrica INNSE è continuato in attesa dell’esito delle trattative fra operai, sindacati e proprietà.
Verso le 20.30 arriva la notizia che Genta, il proprietario, non sembra ancora disposto a cedere, ma anzi, continua ad alzare il tiro.
Per concludere la trattativa gli operai chiedono queste quattro cose:
– l’avvio di un piano industriale da parte del compratore
– la riassunzione di tutti i 49 operai e impiegate
– cassaintegrazione per i mesi precedenti il riavvio dell’attività della fabbrica
– possibilità di prepensionamento su base volontaria
E’ mezzanotte quando dalla prefettura finalmente arriva la notizia che la trattativa è chiusa.
I sindacati annunciano che l’accordo è stato firmato, Genta ha finalmente ceduto la fabbrica al grosso gruppo industriale bresciano Camozzi.
I quattro operai e il sindacalista della fiom, che resistevano sulla gru, sono scesi fra i cori esultanti di tutto il presidio.
Dopo più di 15 mesi di lotta e 8 giorni di resistenza sulla piattaforma del carroponte all’interno della fabbrica, gli operai dell’INNSE hanno vinto!
La fabbrica riaprirà e nell’attesa il presidio continua con forza e una grande certezza: la lotta paga!
Siamo sicuri che anche nelle altre realtà già in lotta come nei luoghi di lavoro dove si vuole ristrutturare, licenziare aporofittando della crisi, l’esempio della Innse farà proseliti.
Numerose sono le realtà produttive in crisi, dalla Lares e Metalli Preziosi a Paderno Dugnano sino al Centro Ricerche Nokia-Siemens di Cinisello Balsamo, sempre alle porte di Milano.
Ma la vittoria all’Innse è vera vittoria? Sicuramente lo è: gli obiettivi minimi sono stati ottenuti e un nuovo padrone si è palesato. I posti di lavoro sono salvi e così pure il reddito.
Ma è vera vittoria festeggiare l’arrivo di un nuovo padrone? Se ci facciamo queste domande, significa che il processo di svalorizzazione del lavoro è arrivato ad un punto talmene basso da farci sognare l’arrivo di un padrone. Nelle condizioni attuali, non sembrano esserci alternative, così come per il precario avere un lavoro stabile, seppur di merda, rappresenta a tuttoggi un primo obiettivo di sicurezza.
In realtà, la crisi economica può aprire nuove prospettive. Ad esempio quella di sviluppare forme di autogestione nei luoghi produttivi quando i padroni li vogliono smantellare. Oppure quella di cominciare a creare coordinamenti tra le diverse realtà di crisi per chiedere a livello metropolitano interventi di welfare più adeguati così da avere più libertà di scelta sul futuro del proprio lavoro e non necessariamente dover accettare la gabbia del lavoro salariato.
L’Associazione BioS è attiva su questi punti e a settembre ne….. vedremo delle belle.
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