Una prima raccolta delle testimonianze riguardanti la MayDay milanese di quest’anno.
Riportiamo qui gli articoli comparsi sulla carta stampata tra il 30 aprile e il Primo maggio di presentazione della MayDay a seguito della conferenza stampa di lancio.
Seguirà una raccolta degli articoli dei giorni successivi, degli approfondimenti comparsi in rete e delle testimonianze audio e video.
Segnalateci ulteriori “avvistamenti”.
CORRIERE.it – 30/04/08
A Milano la «Mayday», la street parade dei lavoratori precari e atipici
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REPUBBLICA – 30/04/08
Doppio corteo, l´Expo diventa un
mostro nero
Reddito e sicu-rezza i temi caldi
per Cgil, Cisl e Uil
di Ilaria Carra
Salari, sviluppo, insicurezza.
Ruota attorno a questi temi il Primo Maggio milanese, che non sfuggirà al
grande tema dell´Expo: una possibilità di sviluppo per i sindacati confederali,
una fonte di speculazioni e sfruttamento per sindacati di base e centri sociali
che porteranno in piazza per l´ottava volta la loro protesta contro il
precariato. “Più reddito, più sicurezza” è lo slogan della
tradizionale manifestazione di Cgil, Cisl e Uil, che partirà alle 9.30 dai
Bastioni di Porta Venezia e si concluderà in piazza Duomo, dove parleranno dal
palco Onorio Rosati, Fulvio Giacomassi e Walter Galbusera, segretari regionali
di Cgil, Cisl e Uil. Le tre maggiori organizzazioni sindacali che, unite,
chiedono alla politica di dare più centralità al tema della sicurezza sul lavoro:
«E al problema salariale, che è sì generalizzato – spiega Rosati – ma a Milano
è più sentito perché il costo della vita è molto elevato». Per la prima volta
il programma del Primo maggio, oltre al corteo, prevede anche appuntamenti
musicali e divertimento. Alle 12.30 da piazza Duomo ci si sposta alla Palazzina
Liberty di largo Marinai d´Italia per un concerto dell´Orchestra Verdi, seguito
dalla “risottata”; nell´area sono allestiti un mercatino di prodotti
solidali, giochi e musica di tutti i generi. Alle 14.30 nel parco di largo
Marinai d´Italia un cedro del Libano verrà intitolato ai Caduti sul lavoro. Al
rapporto tra famiglia, lavoro e casa è dedicata invece la riflessione del
cardinale Dionigi Tettamanzi in occasione della veglia dei lavoratori, che si terrà,
invece, stasera alle 20.30 nella parrocchia di San Giovanni Battista di Sesto
San Giovanni. Nel pomeriggio di domani, alle 15 partirà, invece, l´altro corteo
della “Mayday parade” organizzata da sindacati di base e centri
sociali, che sfilerà da piazza XXIV Maggio a largo Cairoli. In testa al corteo
gli immigrati, che porteranno uno striscione con scritto “No borders no
precarity”. «Legando il permesso di soggiorno a un contratto di lavoro –
spiega Massimiliano Franchini, uno dei promotori della corteo – anche loro sono
da considerarsi precari». A dividere le due manifestazioni la diversa visione
dell´Expo 2015. Per Cgil, Cisl e Uil «può essere un incentivo all´innovazione
delle imprese – come spiega Onorio Rosati – da declinare in buone pratiche sulla
sicurezza del lavoro», come recita anche la lettera che hanno inviato al
sindaco Letizia Moratti per chiedere l´istituzione di un´agenzia per il
reimpiego delle nuove professionalità legate all´Expo. Un mostro che ingoia
persone, case e parchi, lasciando in eredità macerie sociali, rifiuti e
cementificazione selvaggia, è invece la raffigurazione allegorica dell´Expo di
uno dei trenta carri della Mayday Parade. Alle 13.30 il centro sociale Sos
Fornace e il comitato No Expo si ritroveranno, infatti, per manifestare alla
Fiera di Rho-Pero. Durante il corteo verranno liberati in cielo 1.500
palloncini neri, il numero delle vittime che ogni anno in Italia perdono la
vita sul posto di lavoro.
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LIBERAZIONE – 30/04/08
Let’s May Day: 1° Maggio di
festa, cospira e lotta
Milano, la parade degli
anti-precarietà e sindacati di base Fra ricatto e consenso?
di Claudio Jampaglia
Milano – Alle ultime riunioni i
carri sono lievitati a 35 e le diverse associazioni, d’affinità e di quartiere,
dei migranti hanno preso la testa del corteo. Senza discussioni, naturalmente.
Così, dopo averli cercati e conosciuti si sono auto-organizzati (da Bologna,
Milano, Brescia, Torino) e la May Day numero “8” sarà nel loro segno:
“migrariato”. E come sempre la metafora diventa globale. Non solo per
l’elenco di date “euro” (da Berlino a Madrid, Helsinki, Vienna e
altre 12 città) e “trans” con il ponte Tokyo (Osaka e altre quattro
tappe nipponiche) San Francisco (e Washington), ma soprattutto per il tema che
dai “janitors for justice” californiani – i lavoratori in prevalenza
ispanici del settore delle pulizie, da anni punta avanzata del movimento di
rivendicazione sindacale e civile Usa – arriva alle “badanti” di casa
nostra, perché contratto di lavoro e permesso di soggiorno sono doppia
precarietà, crudele, ancor più se indissolubilmente legata. Naturale per il
composito gruppo di lavoro della “parade” del primo maggio milanese,
meno ovvio dati i tempi. Come dire: chiudere i Cpt, reddito per tutti/e, case,
salute istruzione gratuiti e permesso di soggiorno per tutti/e. E così, carri,
spettacoli teatrali sulla sicurezza del lavoro (con il gruppo “le
Lumache”), decine di dee-jay, bande e performers e decine di migliaia di
(r)esistenze si prenderanno Milano, da Piazza XXIV Maggio al Castello Sforzesco
nel pomeriggio di giovedì, disseminando tasselli di un vero puzzle (i pezzi in
distribuzione ai carri) che mischia tutto ciò che in quest’anno ha
contraddistinto la “cospirazione precaria”: vertenze reali (e
vittoriose) come quella delle lavoratrici Sea di Malpensa, i sempreverdi
call-center con in prima fila gli esternalizzati Wind, il bubbone Esselunga
(sarà distribuito ai consumati-lavoratori una “Precarity Card”), con
nuovi orizzonti del conflitto come Expo 2015, il “mostro” bipartisan
benedetto da Cgil-Cisl-Uil che si mangerà terreni agricoli, viabilità e vite,
per sputare fuori tonnellate di cemento, cantieri e migliaia di “posti di
lavoro” da hostess e accompagnatore. Cosa lascerà sul territorio? Basta
farsi un giro nelle città che l’hanno già vissuta… E ancora i precari del
tempio dell’arte (la Scala di Milano, con quasi il 40% di intermittenti ormai
decennali) insieme a nuovi schiavi del cognitariato, giornalisti, grafici e
diplomati di ogni infingarda professione a ritenuta d’acconto (in strada sarà
distribuita una “free press” sovversiva, “City of Gods”,
alla sua quinta apparizione). E poi una proposta di “long long May
Day” per continuare con la teoria e le pratiche ovvero
“dall’accumulazione precaria tra ricatto e consenso” (l’analisi) alla
“idea di un nuovo Welfare” (continuità di reddito, garanzie sociali e
tutto quello a cui la separazione tra lavoro e società praticata da politica e
sindacati – ma non dalle imprese – non riesce a rispondere). E se proprio siete
allergici ormai ad ogni riflessione c’è sempre il “Cash & Crash”:
cause legali contro l’abuso dei contratti atipici, per rivendicare
“cash” (il denaro), e azioni che rovinano in modo irreparabile
l’immagine dell’impresa, generando “crash” (lo scontro). Toccargli
portafoglio e l’immagine. Il catalogo più o meno è questo, perché “la
precarietà picchia duro” e la festa “divertiti, capisci, cospira,
agisci” pensata per scuotere l’ingessata “festa del lavoro” da
qualche collettivo postfordista più avveniristico e sindacati di base (Cub e
Sdl), è ormai la metafora di tutto il resistere e rilanciare possibile. E San
Precario sia con voi. I siti: www.euromayday.org; www.precaria.org;
www.colsenter.noblogs.it; www.sslunga.noblogs.it; operaisociali.noblogs.it;
www.noexpo.it.
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Il MANIFESTO – 30/04/08
Mayday Parade, un primo maggio
precario e migrante
San Precario. Corteo a Milano e
in contemporanea in mezzo mondo.
Dopo due anni di cocenti
delusioni e la mazzata elettorale
di Mariangela Maturi
Miracolo (neanche a dirlo, di San
Precario), o tradizione ormai consolidata. Nonostante la debacle elettorale, e
nonostante il governo Prodi abbia driblato il tema della precarietà, la MayDay
Parade anche quest’anno c’è. E non è solo questione precaria. La rete
dell’Euromayday supera i confini e si dedica ai migranti. I protagonisti questa
volta sono le persone che attraversano paesi e disavventure per vivere intorno
a noi, per lavorare e raccontare la loro storia, la paura, le minacce di essere
ancora confinati in una realtà di sfruttamento, lavoro nero, espulsioni e
razzismo. Non male, in un paese come il nostro, dove il tema sicurezza
anti-stranieri viene strumentalizzato, a destra e a sinistra. Per non parlare
della città di Milano dove gli sgomberi rom sono all’ordine del giorno. La
Mayday 2008 chiede ai migranti l’onore e l’onere di aprire il corteo e lanciare
lo slogan «no borders, no precarity» con la rete «cittadini di fatto» e altre
associazioni. «Abbiamo anche organizzato un collegamento con San Francisco e
Washington – dice Frenchi di Chainworkers – per condividere questo pomeriggio
con i migranti che il primo maggio scendono nelle piazze americane».
Contemporaneamente a Milano si muovono altre città d’Europa e del mondo (per la
prima volta anche Tokyo). L’appuntamento centrale è a Aachen (Aquisgrana) dove,
in opposizione all’incoronazione di Angela Merkel come «politica europeista
dell’anno», la rete dell’Euromayday si incontra per marcare la distanza tra la
dimensione politica e la realtà di chi arriva a stento a fine mese. In Italia
(si manifesta anche a Napoli e Palermo) la nota dolente è ben altra: il governo
di centrosinistra, votato da tanti precari, dopo due anni non ha mantenuto gli
impegni e non ha neppure lontanamente posto in discussione la legge 30. E ora
al governo c’è chi consiglia alle giovani precarie un buon matrimonio
d’interesse. A proposito, tra i 30 carri milanesi c’è anche quello delle
precarie vestite da sposa, consapevoli che l’alternativa alle nozze con
Piersilvio sia un licenziamento senza buonuscita per chi rimane incinta. Ci
sono anche i lavoratori dell’Esselunga (ancora in agitazione dopo la vergognosa
vicenda della dipendente umiliata e picchiata), e i precari della rete
«colsenter». C’è il carro della Cub «perchè è necessario amplificare l’attenzione
sulla sicurezza, e dire basta ai 1300 morti per incidenti sul lavoro e ai 1300
morti per malattie». La vittoria milanese dell’Expo 2015 comporta forti rischi
di precarietà, per i lavoratori, per i cittadini e per l’ambiente. Luigia Pasi
del Sindacato dei lavoratori (Sdl) propone di «fronteggiare un progetto che
riverserà sulla città colate di cemento, disuguaglianza sociale, una nuova
iniezione di lavoro precario e in nero». Un tema centrale per molti carri, in
particolare per quello del comitato NoExpo? (ospiti da La Fornace di Rho). Con
loro altri centri sociali, la free press «City of God», i precari della Scala,
e ciò che di precario sopravvive in città. Immancabile il gioco creativo: lungo
il corteo si distribuiscono pezzi per comporre il «puzzle di san Precario». Ma
non è tutto qui. L’Euromayday prova ancora una volta a non esaurirsi in una
sola bella giornata: si allunga e diventa Longmayday, con l’ambizione di
proporre inziative e confronti per tutto l’anno. Un impegno gravoso e una sfida
sempre più difficile, soprattutto ora che la sinistra è più debole che mai, i
sindacati confederali sono sdraiati sul Pd di Ichino e il movimento milanese è
in stand-by da troppo tempo. Un nuovo inizio? Potrebbe. Se solo la sinistra
politica, come si affanna a dire da un paio di settimane, cominciasse a
prestare attenzione a ciò che si muove sul «territorio», e se l’apatia dei
movimenti milanesi non verrà inghiottita dalla vetrina dell’Expo. Per ora si
riaprono le danze, poi si vedrà.
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Il MANIFESTO – 01/05/08
Porta Ticinese «La MayDay? di
Milano è meticcia per difendere il diritto di esistere»
La parata attraversa la città con
trenta carri e si prepara a radicarsi nel territorio al di là della festa
comandata
di Mariangela Maturi
Milano Ci siamo. La Mayday
milanese parte oggi pomeriggio (ore 14,30, Porta Ticinese). Giovanni di
Intelligence Precaria ci racconta quest’ottava edizione. Com’è la Mayday 2008?
Per il primo anno la Mayday sarà aperta dai migranti. Alle riunioni per
prepararla hanno partecipato migranti di Bologna, Torino, La Spezia, Vicenza e
Milano. La precarietà migrante riveste una centralità politica legata non solo
al tema della sicurezza, ma soprattutto al ruolo paradigmatico che riveste nel
mondo del precariato; è l’emblema della precarietà dei diritti non soltanto
lavorativi, ma anche di cittadinanza, di vita e di accesso ai beni primari,
come la casa. E’ interessante che per la prima volta una manifestazione di
questa portata faccia da ponte fra la precarietà indigena e quella migrante, e
la scelta di valorizzare il tema del lavoro migrante nasce dalla condivisione
di un progetto, oltre che di una condizione. Com’è nata questa collaborazione?
E’ frutto di un lavoro capillare e reticolare, che spesso è poco visibile: dal
Punto San Precario lavoriamo per creare un elemento di connessione tra le varie
anime del lavoro. Siamo felici di quest’interazione con le associazioni
migranti che quest’anno concretizzano una partecipazione superiore a quella
degli scorsi anni. La lotta che vogliamo condividere non è solo quella
dell’uscita dalla clandestinità, ma anche la conquista di una migliore
condizione esistenziale. Sette anni dopo, la riproposizione del tema non
rischia di diventare solo l’«ora d’aria» dei precari? Ce lo chiediamo anche
noi. Sinora il lavoro che accompagna la MayDay ha vissuto di tre fasi
fondamentali. Quella di denuncia della condizione precaria, il rendere chiaro
che il precariato esiste e non è solo una concezione transitoria. Poi abbiamo
voluto sottolineare che il precariato esce dalla dimensione del lavoro e
diventa paradigma fondante di modelli di lavoro e di vita, per arrivare al
fatto che i lavoratori precari sono il cuore pulsante della produzione della
ricchezza. Per questo abbiamo formulato proposizioni imprescindibili: l’accesso
al lavoro e ai beni, la riduzione delle tipologie contrattuali (una giungla di
37 forme diverse), e la rivendicazione di un giusto salario, tema che ci
avvicina ancor più ai migranti. Ora uniamo la capacità vertenziale alla
condizione del lavoro migrante, aggravata dai ricatti dei Cpt e dal legame tra
lavoro e permesso di soggiorno. L’altra novità di quest’anno è che la MayDay si
fa «Long long Mayday», sono stati già impostati dei momenti di prosecuzione del
nostro lavoro con Intellingence Precaria, i lavoratori Sea, Wind, gli operatori
sociali, e le sperimentazioni, come quella di City of God, allo scopo di
coaugulare e rafforzare le iniziative sul territorio. Ci ritroveremo già l’11
maggio per fare un bilancio della Mayday. Ci impegnamo anche per concretizzare
una proposta di welfare partendo dalle realtà effettive, ad esempio quella dei
lavoratori della Sea, che per far fronte all’uscita di fondi per la cassa
integrazione dei dipendenti interrompe 450 contratti atipici. Non mettiamo in
dubbio la salvaguardia dei contratti, ma non è possibile che la scorciatoia sia
scaricare il peso sui precari, non occuparsi delle loro istanze neo-sindacali e
poi stupirsi se i voti passano alla Lega. E’ necessario anche un intervento sul
welfare, che è strettamente legato alle rivendicazioni contrattuali. La
sinistra di governo non ha ascoltato i precari… Due anni fa abbiamo quasi
firmato una delega in bianco al governo Prodi, una fiducia decisamente
malriposta. Non so se la sinistra abbia imparato la lezione, sembra ci sia poca
attenzione al nuovo mondo del lavoro. Sappiamo che la nostra sfida, la
cospirazione a danno di soldi e immagine (il cuore delle aziende) sarà lunga.
Il futuro del resto non promette nulla di buono. Saranno tempi pesanti,
vogliamo rompere il meccanismo di comunicazione e creare una nuova immagine del
precario, che non è uno sfigato usa e getta, ma un lavoratore a tutti gli
effetti. Ci muoviamo ormai in un contesto internazionale, per proporre un
welfare di attuazione europea o mondiale, questa è la sfida decisiva. Altro
nodo fondamentale su cui dare battaglia sono gli incidenti sul lavoro, che
ormai non coinvolgono più solo gli operai.
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LIBERAZIONE – 01/05/08
A Milano e in altre decine di
città non solo europee il primo maggio precario e migrante
A volte diciamo sì a chi ci
sfrutta Oggi no.
Precari all’EuroMayDay?!
Intelligenze precarie
«Non c’è niente da
festeggiare”, così Repubblica parla del primo maggio nella pagina milanese
in cui dedica un trafiletto al primo maggio e alla Mayday Parade. Noi invece
diciamo che nell’esplosione creativa della Mayday sono visibili modi nuovi di
produrre conflitto. Fino a qualche decennio fa era precario colui che era
escluso dal sistema fordista, tutto fabbrica e ammortizzatori sociali. Era una condizione
tipicamente meridionale, fortemente contigua e intercambiabile con la
disoccupazione. La precarietà di cui si parla e che si vive oggi è invece
interna al tessuto produttivo ed è un prodotto tipico del Nord dell’Italia.
Attenzione: non vogliamo sostenere che la prima non esista più, ma che la nuova
precarietà è profondamente radicata nel sistema produttivo, ne costituisce
corpo e mente e quindi è potenzialmente esplosiva. Una precarietà altrettanto
nuova ma che si manifesta anche nei settori tradizionali, come fabbrica e
servizi, è quella dei migranti. Quanti sono i precari e i migranti? Milioni,
non è facile quantificarli. Quello che è certo è che la precarietà del nuovo
millennio agisce così profondamente e diffusamente da tenere in scacco il mondo
del lavoro e dominare una società che culturalmente ha introiettato i valori
fondanti dell’impresa: individualizzazione, profitto, competizione. Riteniamo
da tempo che la precarietà sia insieme ricatto e consenso. Dei due termini del
problema, tuttavia, la novità è il consenso. Da sempre il capitale esercita
ricatto sul resto della società in modo cangiante, ma lo scarto oggi è proprio
rappresentato dal consenso. Trent’anni di arretramento nei diritti e nel potere
di acquisto di lavoratori e famiglie sono passati senza che si creasse il
finimondo. Ciò non si giustifica con la sola retorica del sindacato venduto,
dei politici corrotti e del popolo bue. Il problema è più ampio, il problema è
il consenso: le imprese oltre a ricattare, tagliare e sfruttare sono capaci di
illudere, affascinare e creare aspettative. Questo punto è essenziale. Se
vogliamo darci un nuovo ritmo, se ci assumiamo il compito di rinnovare i modi e
gli obiettivi del nostro agire dobbiamo capire la società che ci circonda.
Ragionare sul “consenso” significa – in settori come moda,
comunicazione, telefonia, servizi, informazione, ma anche trasporti e
logistica, settori determinanti nelle aree metropolitane e strategici per le
imprese – pensare alla mentalità che lega l’impresa al lavoratore, alle
aspettative di quest’ultimo, alle regole d’ingaggio che possono tramutare
questo rapporto in conflitto. Nei rapporti di lavoro è cambiato tutto. Tra
padrone (quando c’è o lo si riconosce come tale) e dipendente, tra capo e
sottoposto ci si da del tu, la gestione dell’azienda è orizzontale, sembra di
stare in una grande famiglia, quasi quasi sulla stessa barca… Questo è frutto
di politiche di marketing che mettono in gioco meccanismi di fidelizzazione del
lavoratore nei confronti dell’impresa. Aumentano profitti e produttività,
diminuisce il conflitto. Il rapporto padrone e lavoratore diventa meno
ideologico ma più viscerale, e la sua rottura genera risentimento e
smarrimento. Insomma, tra i lavoratori c’è la sensazione diffusa che
impegnandosi e insistendo si riuscirà a migliorare le proprie condizioni
individuali – quasi mai collettive. Non si tratta di porzioni marginali del
corpo sociale e, attenzione, non si tratta neanche di arrendevolezza. È una
mentalità diversa, che ci piaccia o no, da cui si deve partire. Nell’esperienza
dei Punti San Precario, sportelli di nuova generazione, poco attenti alla causa
legale ma più attratti dall’agitazione dentro e fuori i luoghi di lavoro, tutto
questo si è delineato con chiarezza. Nel momento in cui un lavoratore si sente
tradito dall’azienda viene pervaso da una rabbia che lo porta a chiedere più
soldi possibile e a cercare di abbattere l’immagine dell’impresa. L’abbiamo
chiamato “Cash & Crash”: per organizzare conflitto bisogna
penetrare nei luoghi di lavoro per intaccare i profitti dell’azienda ottenendo
soldi (il cash) e sminuirne l’immagine (il crash). L’esperienza che ne è
seguita, modellata dalla collaborazione a molti conflitti e vertenze, è servita
a diffondere il conflitto, allargarlo e renderlo adatto a insinuarsi nel luoghi
di lavoro, comunicare con i lavoratori precarizzati e quindi ricattabili e
cercare di tutelarli. Ovviamente ciò non funziona ovunque, e il sindacato ha
difficoltà a rapportarsi con questa versione fluida del conflitto. È cospirazione
precaria e parte dalla convinzione che la precarietà non si combatta
semplicemente proponendo rigidità nel rapporto di lavoro, che non si traduce
automaticamente nell’affermazione di diritti, ma “garantendone” la
fluidità, per esempio incrementando la possibilità di rifiutare un lavoro
peggiore. Ciò significa garantire a ognuno di noi la possibilità di scelta,
unica strada per ridare fiato ai conflitti. Tradotto: serve un welfare che pesi
in positivo sul bilancio che ognuno fa tra vantaggi e svantaggi quando deve
decidere se andare contro all’azienda o meno, diminuendo la forza del ricatto
che il lavoratore subisce. Per questo bisogna legare i diritti alla persona e
non al contratto. Certo, non tutto il mondo del lavoro segue queste regole, ma
con la crescita del peso dei precari è necessario dare uno sbocco ad una nuova
cultura del conflitto. Chi confonde questa prospettiva con una forma fuori
tempo di assistenzialismo dimentica che, nel nord del paese e in buona parte
delle aree metropolitane la precarietà è a tempo “indeterminato”
proprio perché i dati della disoccupazione sono bassissimi; ovvero si lavora
sempre per prendere due lire precarie. L’esperienza del Punto San Precario lo
dimostra: saper mostrare di poter compromette l’immagine di un’azienda
significa esercitare efficacemente conflitto. L’importanza dell’attenzione
maydayana alla “alleanza” fra precari e migranti parte proprio da
queste considerazioni. La precarietà agisce diversamente nel corpo sociale
frammentandolo, ogni parte ne subisce aspetti diversi. Bisogna agire sulla
specificità della condizione, alimentare il protagonismo dei soggetti e
fomentare i conflitti in quei settori sociali traditi, dimenticati dalla
retorica dei diritti e delle tutele che ogni giorno diventano più sbiaditi. La
regolarizzazione dei migranti e l’abolizione dei cpt, la richiesta di un
reddito e l’affermazione dei diritti, scritti in calce sul poster della mayday
(vedi a pagina 24 di questo giornale) non vogliono essere una sommatoria di
rivendicazioni, contentino per i soggetti che la animano, meticci e nativi, ma
rappresentano la consapevolezza che per opporsi alla precarizzazione è
necessario ripensare a un’offensiva dentro e fuori i luoghi di lavoro,
attraverso il sociale che ponga al centro della sua attenzione “la cultura
del conflitto” e l’agitazione culturale come basi della propria azione e
comunicazione precaria.org
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Il CORRIERE della SERA – 01/05/08
In centro In mattinata sfilano i
confederali, il pomeriggio i centri sociali
«Meno precari, più soldi»
Oggi i cortei del Primo Maggio
di Rita Querzé
Milano – Meno rischi sul lavoro,
meno precariato, più soldi in busta paga. Sono queste le istanze all’ordine del
giorno del Primo Maggio di oggi. Confederali e sindacati di base si contendono
la piazza. Con le solite polemiche preventive sul rischio vandalismi lungo i
cortei. Sullo sfondo monta il dibattito su ruolo e rappresentatività del
sindacato. Anche a Milano. Cgil, Cisl e Uil sfileranno stamattina da porta
Venezia a piazza del Duomo. Davanti alla Madonnina discorsi dei tre segretari
generali cittadini. Rispettivamente, Onorio Rosati, Fulvio Giacomassi e Walter
Galbusera. Lo slogan del corteo: «Più reddito, più sicurezza». Nel pomeriggio
tocca a sindacati di base (Cub, Sdl) e centri sociali. Insieme partiranno con
la Mayday parade da piazza XXIV Maggio per arrivare in piazza Castello. Cavalli
di battaglia: la contestazione del precariato e dell’Expo. «Non vogliamo una
città vetrina dove la flessibilità del lavoro può solo aumentare con l’esposizione
del 2015», dicono gli organizzatori della manifestazione. Il vicesindaco,
Riccardo De Corato, mette in guardia rispetto ai vandalismi: «Lungo tutto il
percorso vigileranno almeno 30 telecamere: 13 controlleranno la sfilata del
mattino e 16 quella del pomeriggio. Per incastrare gli imbrattatori, la polizia
municipale effettuerà anche riprese prima e dopo il corteo ». Per la prima
volta quest’anno il sindacato confederale ha organizzato una festa in largo
Marinai d’Italia. Si parte alle 12.30 con un concerto dell’orchestra Verdi alla
palazzina Liberty e si continua con risotto e musica gratis per tutti fino a
sera. Ma c’è anche un altro Primo Maggio. E’ quello dell’Ugl. Il sindacato di
destra porterà otto pullman alla manifestazione nazionale romana dell’organizzazione.
«Il primo maggio non è più la festa di una sola parte politica e i lavoratori
lo hanno capito », taglia corto Stefano Salomone, segretario dell’Ugl milanese.
E poi ci sono i sindacati di base. Che cercano di rubare la scena ai confederali
per quanto riguarda la lotta a precariato. Cgil, Cisl e Uil hanno gettato la
spugna? «Al contrario, il nostro è un lavoro concreto, quella dei sindacati di
base è una battaglia ideologica», doce Fulvio Giacomassi della Cisl. Rosati
della Cgil: «Misurarsi con un mercato sempre più destrutturato è inevitabile.
Pensare di risolvere tutto abrogando una legge è pura utopia». Dopo le
elezioni, quello di oggi è anche il Primo Maggio dell’autocoscienza all’interno
del sindacato. Chi rappresenta chi? E per andare dove? «E’ giusto interrogarsi
ma non vedo un sindacato in difficoltà. Tant’è che siamo stati noi per primi a
segnalare, per esempio, la necessità di rivedere lo schema di contrattazione»,
dice Giacomassi della Cisl. «Fisco, sicurezza e livelli contrattuali: il
sindacato confederale riparte dalla presentazione al nuovo governo di istanze
condivise su questi temi», fa notare il segretario generale della Cgil
metropolitana. «E sulla sicurezza possiamo fare molto, a partire dall’uso delle
nuove tecnologie», si inserisce Galbusera della Uil. Per quanto riguarda le
faccende più strettamente milanesi, dopo il protocollo che fa da cornice alle
relazioni comune- sindacato firmato a febbraio 2007, non è più successo nulla.
Tutto sarebbe pronto per il varo di un Osservatorio sul mercato del lavoro. Ma
per ora resta il nulla di fatto.
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EPOLIS Milano – 01/05/08
Festa dei lavoratori. Al mattino
sfilano i confederali, poi sindacati di base e centri sociali
Due manifestazioni per la città e
al Mayday sorvegliati speciali
De Corato: lungo il percorso 30
telecamere. Muhlbauer: il sindaco ascolti i giovani precari
di Francesca Monti
Milano – “Più reddito, più
sicurezza” è lo slogan scelto quest’anno da Cgil, Cisl e Uil per il Primo
Maggio. A Milano il corteo partirà alle 9.30 ai Bastioni di Porta Venezia fino
ad arrivare a piazza Duomo. Dal palco parleranno i segretari generali Onorio
Rosati, Fulvio Giacomassi, Walter Galbusera. Al termine dei comizi, nella
Palazzina Liberty, in largo Marinai d’Italia, alle 12.30 si terrà un concerto
dell’Orchestra Verdi. Le celebrazioni proseguiranno poi per tutta la giornata,
fino alle 19, con una “risottata”, un mercatino di prodotti solidali
e naturali, un’esposizione di stand di associazioni di volontariato, giochi per
bambini e tanta musica. Alle 14.30 è prevista la cerimonia di intitolazione di
un imponente cedro del Libano ai Caduti sul lavoro. Alla manifestazione dei
sindacati confederali sarà presente il presidente della Provincia di Milano
Filippo Penati e anche Rifondazione comunista che parteciperà anche al corteo
dei sindacati di base e i centri sociali. «È dunque necessario mobilitarsi
contro le annunciate politiche del governo e le pretese della Confindustria, la
centralità del lavoro va riconfermata con tutto il nostro impegno, va difesa la
possibilità di crescita del sindacalismo di classe, e vanno difesi i sindacati
oggi nel mirino del fronte padronale, reso più aggressivo dal successo della
destra. Per queste ragioni, il primo maggio Rifondazione Comunista sarà
presente ad entrambe le manifestazioni», ha affermato il segretario provinciale
di Rc, Antonello Patta. Un corteo che preoccupa il vicesindaco De Corato che
avvisa «Gli organizzatori possono dire quel che vogliono. Ma delle loro
assicurazioni, che non ci saranno scritte sui muri o atti di vandalismo, poco
ci fidiamo. Perchè, visti i precedenti, è difficile garantire per 50mila
persone, molte delle quali abituate a questo malcostume». «Lungo tutto il
percorso e nelle aree limitrofe – spiega De Corato – vigileranno gli occhi di
almeno 30 telecamere: 13 controlleranno la sfilata del mattino, da corso
Venezia al Duomo, e 16 quella del pomeriggio da piazza XXIV maggio al Castello.
Ma per incastrare imbrattatori alle proprie responsabilità, la polizia
municipale effettuerà anche delle riprese prima e dopo il corteo su entrambi i
lati del tragitto. L’anno scorso il centro di Milano è stato ostaggio di 6mila
manifestanti che hanno trasformato il Mayday Parade in uno “Sprayday
parade”. Il reparto radiomobile ha infatti registrato centinaia di scritte
su case, banche ed esercizi pubblici, il cui rapporto è stato inviato alla
Procura». I malintenzionati sono avvisati. Pronta la risposta di Luciano
Muhlbauer, consigliere regionale Prc: «Il sindaco ascolti i giovani precari,
invece di farli insultare dal suo vice. Prima del 25 aprile De Corato annunciò
che ben 900 telecamere avrebbero ripreso l’esercito di “imbrattatori”
calati a Milano. Stando ai fatti, risulta che tutto questo dispiegamento di
forze ha portato alla denuncia di un’unica persona».
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