A Milano, due giorni di convegno , il 30 e 31 maggio, organizzati nell’ambito della Long MayDay, dalle Associazioni BioS e San Precario, in collaborazione con il Bin-Italia per costruire una autonoma mappatura della realtà territoriale lombarda, tra nuovi modelli di creazione della ricchezza e precarietà strutturale. E per ragionare di reddito, stato sociale, nuovi diritti del comune.
Un silenzio imbarazzante, un vuoto, un’assenza, quando non una frattura
tra bisogni reali e scelte pubbliche, quando non uno sganciamento tra
corpo sociale e istituzioni. Da un lato una politica incapace di dare
forma a un welfare (e a un reddito) opportuno nella presente situazione
di crisi e adeguato a un contesto dove precarizzazione,
globalizzazione, femminilizzazione del lavoro e finanziarizzazione
dell’economia hanno già da tempo scombinato gli assi tradizionali del
problema. Dall’altro i movimenti, le realtà lavorative, i soggetti che
in questi anni hanno contribuito a costruire una pratica, analitica,
rivendicativa, conflittuale sui territori e nelle imprese.
Cartoline da Milano, laboratorio straordinario dove, a valle dell’ultima MayDay, il 30 e il 31 maggio, precari, attivisti, studiosi, ricercatori si sono ritrovati per ragionare di reddito, welfare, nuovi diritti del comune. “Welfare mon amour” si è chiamato l’appuntamento, organizzato dall’agenzia di agitazione sindacale BioS, l’associazione San Precario insieme al Bin Italia. Il convegno ha riunito per due giorni i soggetti co-produttori della ricchezza lombarda (un quarto del Pil nazionale) che si sono interrogati al di fuori di ogni tentazione localista. L’obiettivo è stato piuttosto quello di creare una autonoma mappatura del modello produttivo lombardo, tra migranti e lavoro cognitivo, tra speculazioni edilizie e terziario avanzato. L’intendimento quello ci capire la crisi in atto, le sue ricadute immediate e i suoi scenari futuri, comprese alcune possibili, inedite, alleanze che la recessione potrebbe suggerire. Prima tra le altre quella tra lavoro dipendente e lavoro precario, alcune del tutto inedite e ispirate sul momento dalla discussione, tra settori incredibilmente distanti tra loro (la produzione materiale della fabbrica e l’immateriale del comparto moda).
Con il 63% delle attività nei servizi (il 22,7% delle quali nel terziario cosiddetto immateriale) e un milione di migranti (su quattro milioni totali) che forniscono un gettito fiscale di 5,5 miliardi di euro l’anno, Milano è punta avanzata del capitalismo contemporaneo in Italia, inteso nella sua accezione più larga. Milano assiste al passaggio dalla centralità della produzione materiale verso la produzione di servizi (anche le varie forme di “badantato” fornite dagli immigrati ai cittadini milanesi ne fanno parte). Assiste alla flessibilizzazione estrema della sua forza lavoro perché le attività cognitive e relazionali più di altre si prestano all’individualizzazione del rapporto di lavoro.
Non è un caso che i settori che più hanno contribuito alla crescita del Pil lombardo (+30% negli anni 2000, ovvero + 14% in termini reali, al netto dell’inflazione) siano stati i settori del terziario avanzato e immateriale a più alta prestazione cognitiva (+38,2%) e quello delle costruzioni (+52,7%). Il primo ha superato il settore manifatturiero come quota del valore aggiunto lombardo (29,3% contro il 28%), il secondo pesa per il 5,4%, ma è assolutamente probabile che la sua quota aumenti grazie all’Expo 2015. Due settori, nella diversità, ad alta intensità precaria: il primo – quello dei “servizi cognitivi” – caratterizzato da una nuova generazione istruita, oggi svalorizzata in termini salariari e di prestazione ma ancora prigioniera del mito del lavoro (fintamente) creativo e dalle suggestioni immaginifiche della “carriera”; il secondo – quello delle costruzioni – composto in prevalenza da forza lavoro migrante, privata di diritti e criminalizzata ma costretta a sudare nei cantieri per la sopravvivenza. Pur nelle difformità delle situazioni illustrate è evidente che la ricchezza, a Milano e in Lombardia, si fonda sullo sfruttamento della condizione precaria. Una ricchezza che, tuttavia, viene distribuita solo in minima parte a chi lavora: nella regione lombarda, contrariamente al dato nazionale, la fetta più grande del Pil va ad appannaggio della rendita e del profitto (45%), contro il 40% che va al lavoro (la quota rimanente sono imposte indirette).
Nell’ultimo decennio, la governance politico-economica applicata al territorio lombardo dai diversi livelli istituzionali (comuni, provincia, regione), ha imboccato due strade principali. Ha privatizzato i servizi primari dello stato sociale (sottoposti comunque alla spada di Damocle della sussidiarietà), canalizzando risorse importanti verso la sanità e l’istruzione privata. E ha implementato un workfare su modello anglosassone (ma senza l’efficienza delle prestazioni pubbliche pagate). Non è un caso, allora, se nulla è stato davvero immaginato sul fronte delle politiche di welfare e di sostegno al reddito, poiché l’impostazione delle politiche sociali del welfare milanese vede ogni forma di tutela delle persone in situazione di povertà e precarietà “normalmente rubricate solo sotto la voce ‘costi’” (Costanzo Ranci, docente di Sociologia presso il Politecnico di Milano). Laura Curcio, giudice del lavoro a Milano, ha, di rimando, sottolineato la totale inadeguatezza della struttura degli ammortizzatori sociali attualmente disponibili. Eppure, secondo Alessandro Santoro dell’Università Bicocca di Milano, già ora esisterebbe “spazio per un intervento di gestione delle risorse all’interno del bilancio regionale”. Massimo Laratro, avvocato dell’Associazione San Precario, ha invece sottolineato i punti critici e le potenzialità del supporto legale come strumento (non come fine) che favorisce la consapevolezza in realtà lavorative troppo spesso frammentate e individualizzate.
L’area “metrolombarda”, ad alta densità abitativa, ha anche assistito, in questi anni, a un inarrestabile processo di cementificazione con scarso rispetto delle esigenze di vivibilità degli abitanti. La sperequazione sociale e abitativa conseguente (“Milano è una città di case senza abitanti e di abitanti senza casa” ha detto Gabriele Rabaiotti, urbanista del Politecnico di Milano) è andata addirittura a scapito della più volte sbandierata capacità competitività di Milano e hinterland. Se a tutto ciò aggiungiamo un clima repressivo e di controllo della socialità che non ha quasi uguali in Europa, le buie tinte del quadro milanese si completano.
Partendo da queste belle figurine, le realtà sociali che a Milano più hanno sperimentato pratiche innovative nella comunicazione sociale, nell’attività sindacale e nell’azione politica (ovvero le reti della Mayday milanese) hanno avviato, con questo Convegno, un percorso di elaborazione comune, aprendosi ad altre dimensioni politiche e associative, per cominciare a tracciare i binari di una possibile vertenza socio-territoriale nello spazio (nevralgico) della rimodulazione e ridefinizione di un welfare metropolitano.
A tale proposito, si è costituito un asse privilegiato con l’associazione Bin-Italia (Basic Income Network – Italia), nata nel novembre 2008 allo scopo di diffondere – come ha sottolineato il suo presidente Luca Santini –nel dibattito politico e culturale italiano la parola d’ordine del “diritto al reddito” nel tentativo di orientare finalmente, in questo senso, le scelte pubbliche. Numerosi sono al riguardo i “cantieri di dibattito” aperti (cfr. Bin-Italia). Abbiamo a che fare con un diritto di tipo primario, esito di una partecipazione produttiva alla creazione di ricchezza, che non viene riconosciuta pienamente (come nel caso della precarietà). Va pensato non come misura anti-povertà di tipo redistributivo, lungo le classiche linee del welfare del dopoguerra (tipo estensione degli ammortizzatori sociali), ma piuttosto come intervento distributivo direttamente mediato nell’ambito della contrattazione industriale e sociale. Una contrattazione che oggi deve innervare il luogo produttivo per eccellenza del processo di accumulazione contemporaneo, ovvero il territorio.
A tal fine Milano si propone di continuare a ragionare sulla costituzione di una Cassa sociale per il reddito, costituita dai soggetti che operano sul territorio – lavoro, capitale produttivo, immobiliare, finanziario, cognitivo – e in grado di intervenire nella determinazione della remunerazione del lavoro, fissando livelli di salario minimo e garantendo continuità di reddito, a prescindere dalla condizione professionale.
In secondo luogo, intende avviare una discussione e commisurare l’intervento politico-sindacale per la riappropriazione e la fruibilità di quei beni comuni e pubblici (ambiente; acqua; mobilità; formazione…) che oggi vengono sempre più canalizzati verso la privatizzazione, per il profitto di pochi. Infine, si è ribadita l’esigenza di intervenire sulle politiche del territorio, politiche che favoriscano per esempio la disponibilità di case in locazione a prezzi calmierati e viceversa disincentivino il tenerle sfitte e vuote. Contemporaneamente, verranno studiati possibili meccanismi di controllo della gestione del patrimonio immobiliare (rivalutazione del catasto), nonché di quella territoriale e ambientale, sottoposto a crescente speculazione immobiliare.
Verranno creati gruppi di lavoro specifici, su questi temi. Verranno ulteriormente utilizzati tutti gli indicatori e gli analizzatori capaci di completare la mappa delle necessità di intervento nel territorio lombardo. Il movimento milanese, insomma, si rimbocca le maniche e mette in connessione i saperi: quel silenzio, quel vuoto, quella assenza di cui si diceva all’inizio vanno assolutamente colmati.
MATERIALI
Slides (pdf)
– slide presentazione Bin-Italia
– slide prima sessione convegno
– slide seconda sessione convegno
Audio (mp3)
Prima sessione:
– introduzione di Andrea Fumagalli (Professore di economia – università di Pavia)
– intervento di Frenchi (Intelligence Precaria)
– intervento di Luca Santini (Bin-Italia)
– secondo intervento Fumagalli
– intervento Piera (associazione BioS)
– intervento Cristina (Universi Precari)
– intervento Francesca (Diversamente Strutturati)
– intervento Fabrizio (Da Che Parte Stare)
– intervento Davide (Operai Sociali)
– intervento Valentina (rete Colsenter)
Seconda sessione:
– intervento C.Ranci
– intervento G. Rabaiotti
– intervento Massimo Laratro (avvocato Associazione Bios)
– intervento L.Curcio
– intervento Sartori
Tavola rotonda:
– introduzione
– intervento Zoe (Serpica Naro)
– intervento di Frenchi
le registrazioni degli intereventi della tavola rotonda sono ancora in fase di editing audio, saranno aggiornate mano a mano nelle prossime settimane.
[…] anche in una ventina di città europee), offre assistenza legale, sostiene i conflitti, promuove convegni sul reddito, crea campagne comunicative per i diritti, promuove momenti di dibattito e discussione, come gli […]
Hai ragione, dopo una modifica del sito non erano piu’ raggiungibili.
Ora e’ tutto disponibile.
Grazie
ma i materiali audio non sono più disponibili?