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Alcune
decine di lavoratrici e lavoratori si sono visti negare i pass per
lavorare all’Esposizione Universale EXPO di Milano dopo essere stati
assunti regolarmente con contratti precari, a seguito di segnalazioni
della questura di Milano.
Invitiamo tutte e tutti a sottoscrivere questo appello e
comunicato per denunciare tale violazione che può costituire un grave
precedente al pari dell’adozione del lavoro non pagato.
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Il
gigante (Expo) si sta muovendo da un mese, ma al di là del cancan più o
meno prezzolato e dei primi dati di affluenza (1,9 milioni per
Federalberghi, 2,7 milioni per Expo SpA) raggiunti a suon di scolaresche
in gita e movida sottocosto, non molto sembra cambiato nella metropoli
milanese.
Come
ampiamente previsto Expo è stato un gigante di investimenti pubblici
(3,2 miliardi, 0,2% del PIL), di cemento e, conseguentemente, di
corruzione in perfetto stile italico. Per vedere gli effetti del debito
occorrerà attendere un po’ di più. In maniera altrettanto prevedibile ha
prodotto insignificanti ricadute economiche ed occupazionali e nei
prossimi mesi questo sarà ancora più evidente quando verranno a mancare
le tanto millantate ricadute nel settore turistico.
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Rho, 30 Maggio 2015.
Oggi gli attivisti del Centro Sociale SOS Fornace, Rete San Precario e
della Rete No Expo hanno fatto visita agli ingressi di Expo 2015 per
distribuire alle lavoratrici e ai lavoratori un volantino in cui
venivano denunciate le condizioni di lavoro all’interno del sito: stipendi da fame, contratti pirata, turni massacranti, sfruttamento dei volontari e, non plus ultra, licenziamenti politici.
Un mondo sommerso che vorremmo tentare di far uscire allo scoperto
attivando i lavoratori per far valere i propri diritti anche all’interno
di questa “area di interesse strategico nazionale” .
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Expo sì, Expo no, Expo un caz! – per parafrasare una vecchia canzone di Ricky Gianco. Nel mio caso è andata proprio così: assunto da Coop Lombardia a tempo determinato, sono stato licenziato ancora prima di metterci piede, a Expo. Avrei dovuto lavorare nel rutilante “Supermercato del Futuro”,
avevo già completato un periodo di formazione teorica e di
addestramento pratico in un Ipercoop, e mi avevano anche già dato le
uniformi – stilosissime come solo noi italiani sappiamo fare, casual
senza rinunciare all’eleganza.
Il giorno prima dell’inaugurazione del mega evento, però, vengo
convocato nella sede centrale. Ci spiace signor C. – afferma contrito il
signore dell’ufficio personale – il nostro rapporto di
lavoro termina qui. Il motivo? – chiedo. La Questura di Milano non
le ha rilasciato il pass per accedere all’area Expo – risponde. E
aggiunge: Non ne sappiamo le ragioni. Capisce che se non può entrare in
Expo e noi l’abbiamo assunta per lavorare ad Expo, da parte nostra il contratto decade. Arrivederci.
Potete immaginare la mia faccia da triglia dopo questa metaforica pedata nel sedere. Cosa mai avrò fatto di male, essendo un giovanotto incensurato?.
Penso a mia madre che mi dice di tagliarmi le basette una buona volta,
al fatto di preferire il nero per il mio abbigliamento (è che sono
negato con l’abbinamento dei colori), al fatto di ostinarmi ad andare ai
cortei e a frequentare gli spazi sociali. Qualunque sia la ragione,
forse sono troppo brutto per rappresentare l’eccellenza italica oppure
qualche funzionario zelante pensa che sia potenzialmente pericoloso per
Expo, peraltro su basi inesistenti. Quel che è certo è che non ricevo
nulla di scritto, né dall’azienda né dalla Questura. Meno male che “La
Coop sei tu”.
Così ora mi ritrovo senza un lavoro e con un licenziamento non ben
motivato. Alla faccia degli slogan su occupazione, opportunità e
rilancio, nella Milano di Expo succede anche questo. Non sapevo a che santo votarmi, poi per fortuna m’è apparso San Precario.
Dopo
una serie di “scioperi di avvertimento”, da venerdì 8 maggio un
sindacato tedesco, i Ver.Di, ha dichiarato lo sciopero ad oltranza dei
lavoratori del sociale.
Questa categoria, che formalmente categoria non è, è come in italia
eterogenea e composta da diverse tipologie di lavoratori, di contratti, e
di datori di lavoro.
Lo sciopero, pur volendosi rivolgere al più ampio
spettro di tipologie esistenti, è nei fatti quasi esclusivamente
sciopero dei lavoratori degli asili comunali, nella sola categoria del
pubblico impiego. Le rivendicazioni sono principalmente due:
un maggior riconoscimento della professionalità dei lavoratori del
sociale, volto a superare le disparità del settore a seconda delle
mansioni e del datore di lavoro, e una rivendicazione salariale.
L’articolazione delle iniziative di lotta è su base territoriale, ogni
asilo, ogni comune, ogni regione, lo declina a modo suo, con il
sindacato che tenta di tirare le fila e chiede una trattativa per il
nuovo contratto. Prosegui la lettura »
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