Sea Handling: facciamo un po’ di chiarezza

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Ciò che è accaduto in questi giorni negli aeroporti metrolombardi merita una descrizione accurata, poiché i fatti oltre che essere oltraggiosi per la dignità e i diritti dei lavoratori costituiscono un lampante esempio del peggiore e collaudato stile italiano – confondi, truffa, piangi, arraffa e incassa – nella gestione del patrimonio di interesse pubblico.

L’ANTEFATTO

La Sea è l’azienda che gestisce gli aeroporti di Malpensa e Linate. Attualmente l’azionista di maggioranza è il Comune di Milano con il 54% delle quote.
Negli anni passati (dal 2002 al 2010), dopo varie vicissitudini, Sea Handling S.p.A. avrebbe ricevuto dei finanziamenti pubblici sotto forma di ricapitalizzazioni da parte della capogruppo Sea S.p.A. Ciò ha mosso l’attenzione e sollecitato l’intervento della comunità europea garante dei vincoli di libera concorrenza nel settore. Ad esito del procedimento apertosi avanti alla Commissione Europea, Sea Handling S.p.A. è stata quindi condannata a restituire a Sea S.p.A. 360 milioni di euro (l’ammontare dei finanziamenti) oltre agli interessi per un importo complessivo di 452 milioni di euro.

Fin qui potrebbe apparire un normale illecito amministrativo anche se di dimensioni bibliche. Invece l’azienda aeroportuale ha deciso di unire l’illecito al profittevole e con un atteggiamento in perfetto stille italico, sentendosi in dovere di sfruttare fino in fondo la situazione per truffare tutti (lavoratori, pubblico e utenti).

Seguiteci un poco: come precisa la comunità europea le strade da seguire per risolvere la situazioni sarebbero solo due: pagare oppure mettere in liquidazione Sea Handling S.p.A. e rifondare un’azienda o più aziende che riproducendo le funzioni e le mansioni precedentemente svolte dimostrasse una discontinuità nella direzione societaria. Insomma la multa può essere evitata sostituendo la vecchia azienda con una società nuova realmente differente dalla precedente.

Ma quale migliore occasione per ripartire da zero “senza passare dalla cassa”, evitando di dover rendere conto a tutti i soggetti interessati”contribuenti, cittadini e lavoratori”? Il sogno di ogni dirigente per colpa di un immenso illecito amministrativo (cercato ? Voluto?) è diventata realtà. L’azionista di maggioranza ha l’opportunità di ristrutturare tagliando posti di lavoro e diritti e stipendi dei lavoratori: una vera, manna dal cielo, e diciamocelo, troppo bella, tempestiva per essere casuale. come disse qualcuno di queste cose esperto “a pensar male ci si prende”. Non per niente il suggerimento di tale soluzione arriva dall’azienda.

E quindi, per fare un riassunto tera a terra, ai lavoratori è stato detto: a causa di una comunità europea crudele siamo costretti a chiudere la Sea Handling ed aprire una newco tagliando però un po’ di posti di lavoro e un po’ di salari. Ci dispiace ma non è colpa nostra, ci dispiace ma non c’è altra via: “Ce lo chiede l’Europa”. Ciò permette peraltro di aggirare anche l’art. 2112 c.c. e la clausola sociale prevista dal CCNL, che prevede espressamente che in caso di cambio di appalti, la società subentrante debba assorbire i dipendenti di quella uscente, con il mantenimento dei diritti acquisiti.

LO STILE ITALIANO NELLA VERTENZA: “i geni del male”

Ma chi ci guadagna e cosa guadagna da tutto ciò. Anche in questo caso ci possiamo rifare a quelle domande retoriche che sgomberano la mente dalle confusioni più fitte: “cui prodest”? In primis i proprietari della Sea, Comune di Milano in testa. Poi la dirigenza della Sea stessa che in teoria dovrebbe essere sanzionata per incompetenza, visto che nel vicolo cieco ci si sono infilati loro.

Ma qua oltre il danno si prefigura la beffa, a ben vedere la comunità europea chiedendo discontinuità fra l’azienda nuova e quella precedente non chiede di allontanare i lavoratori, ma solo di rinnovare la dirigenza; quella dirigenza che si sta tanto prodigando per convincere tutti che l’unica soluzione in campo è quella di darle ascolto.

Saranno gli stessi nomi a comparire fra le cariche della nuova azienda. Ci vuole una bella faccia tosta, ma in ogni caso, ove non dovesse accadere, siamo certi che costoro saranno ricollocati altrove nel turnover delle poltrone delle varie amministrazioni. Puniti ma redenti: perché lasciare col culo scoperto i dirigenti che si dovranno immolare (che dovranno scomparire) per dimostrare il rinnovamento dell’azienda? Suvvia un po’ di spirito di corpo!!!

Continuiamo con i cui prodest! I sindacati CGIL CISL e UIL (e ci dispiace anche qualche sindacato di base): si sono da subito schierati su posizioni supine-fataliste. “Non c’è niente da fare”, “non ci rimane che accettare”, “salviamo il salvabile” e via così. Dietro questo atteggiamento si possono leggere i peggiori e loschi episodi di connivenza fra azienda e strutture sindacali.

Ad esempio la CGIL avrebbe 55.000 ore di permessi sindacali (corrispondenti a circa 2 milioni di euro), per distacchi vari. È ovvio che con una simile situazioni ci si senta tirati un po’ in mezzo
Cosa è avvenuto nelle retrovie? quali accordi quali garanzie ? quali magheggi? Ciò che non si sa si può per bene immaginare…

I VERI PROTAGONISTI: I LAVORATORI

In questo caso bastano poche parole, chiare e forti per spigare il tutto. I veri protagonisti sono stati i lavoratori e le lavoratrici incredibilmente determinati uniti e lucidi. Fin dall’inizio attenti a non farsi turlupinare e sempre in posizione vigile e propositiva.

I SUPPORTERS: OVVERO LO STILE LIBERO NELLA VERTENZA

Visti gli attacchi subiti ci tocca di spiegare anche il nostro ruolo in tutto questo. Certo avremmo evitare queste righe ma viste le insinuazioni, le dicerie, le falsità di cui siamo stati bersaglio è forse meglio spendere qualche parola sul ruolo (di supporter) di san precario.

La rete san precario è un’agenzia di conflitto e di tutela per i lavoratori precari o meno (chi non lo è al giorno d’oggi?). Negli aeroporti milanesi è presente da una decina di anni ed è conosciuta per aver sostenuto lotte e diritti di moltissimi lavoratori e lavoratrici. Essendo san precario riconosciuto come un sindacato atipico – nell’organizzazione e nello stile, (siamo sempre dalla parte dei lavoratori e dei precari, non siamo mai stati infettati dal virus del tesseramento, non scambiamo consulenze, non promettiamo resurrezioni, promozioni e non vendiamo indulgenze e neanche pentole) siamo stati contattati da subito da un nutrito gruppo di lavoratori per un confronto

QUINDI COSA È SUCCESSO?

Agli inizi di maggio un gruppo di lavoratori contattano per un confronto un pool di avvocati e inviati del santo precario che negli anni ha seguito diverse vertenze negli aeroporti l’incontro si ripete riempendosi di fervore e partecipazione. Ne nasce una lettera che, da una parte comunica all’azienda che qualsivoglia operazione messa in atto non dovrà attaccare i diritti acquisiti dei lavoratori, dall’altra diffida i sindacati di aprire trattative sulle spalle e sulla testa dei lavoratori.
La lettera viene firmata da quasi 400 lavoratori. La reazione da parte dell’azienda e degli altri sindacati è stizzita nel migliore dei casi e isterica nel peggiore. 400 firme sono tante, nell’era della crisi sindacale per alcuni sono anche troppe.

I sindacati ci attaccano. Affermano che non abbiamo alcun titolo ad intervenire nella vicenda, come se le 400 firme (più dei tesserati di CGIL) non fossero sufficienti. Sempre i sindacati firmatari nei loro comunicati affermano che ciò che diciamo in merito alle conseguenze legali di ciò che è stato messo in piedi non corrisponde a verità.
E’ chiaro che l’entrata in gioco di un soggetto diverso da quelli previsti, un soggetto che come sanno bene sguazza in puro stile libero nel pantano aeroportuale, ha messo in agitazione tante persone. Accadono quindi una serie di fatti torbidi che però non distraggono i lavoratori dal focus del problema. Bisogna votare no, pena il solito pasticcio in stile italiano (truffa, arraffa, confondi, licenzia e incassa): la situazione è complicata, c’è poco tempo, c’è sfiducia sull’andamento e la gestione del voto, per organizzare una campagna di informazione contro corrente ci si basa quindi su strumenti basilari: email di spiegazione e un fitto passaparola, con una base di 400 persone (che non appare così esigua). I lavoratori formano poi delle ronde per controllare il corretto svolgimento delle elezioni.

Il fronte del sì teme e il giorno prima del voto cerca ulteriormente di screditare i sanprecaristi, bollati degli avventurieri,  ma in verità come vi avevamo già detto San Precario è solo un supporters e sono i lavoratori i veri protagonisti infatti…..

IL LIETO FINE….E LA RIMESSA IN GIOCO

Il referendum finisce a 944 lavoratori contro l’accordo 686 a favore. E questo non è il fischio di fine partita bensì il fischio d’inizio. Nel primo comunicato stampa l’azienda parla di esuberi e comunica in modo laconico di non aver più interlocutori, sculacciando i sindacati confederali per non essere riusciti a “convincere i lavoratori a farsi del male”. Adesso annuncia sacrifici ed esuberi (col supporto della stampa compiacente)

La manovra è chiara: bisogna convincere i dipendenti Sea che il loro no è stato un voto suicida e che il supporto di san precario è un supporto negativo, controproducente. E’ certo anche che non avendo interlocutori di sorta l’azienda cercherà d’inventarsene qualcuno.

San Precario invece continuerà il confronto con i lavoratori e cercherà di costruire una campagna di agitazione e comunicazione per spiegare i maneggi e i magheggi occorsi nelle retrovie partendo dalla multa

Non può accadere che un anno prima dell’expo quando si attendono 20.000.000 di turisti in arrivo (a piedi? in bicicletta?) un’azienda come la Sea dichiari degli esuberi. E’ vero che “hanno la faccia come il culo”, ma questa è difficile da digerire sopratutto se verranno coinvolte per bene il Comune e le sue tante parole sull’opportunità expo (il silenzio della Lega su tutto il caso è stato emblematico).

L’unico accordo possibile è il mantenimento di tutti i diritti dei lavoratori. Se verifica ci deve essere questa avverrà dopo Expo.

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