Il 24 aprile 2010 a Washington nell’incontro dei G20 il ministro Tremonti dichiarava che l’Italia «non avrà bisogno di ampi aggiustamenti strutturali al proprio settore finanziario, né di un riequilibrio tra risparmio e consumi». I livelli di debito del settore privato, infatti, restano contenuti e le banche sono passate attraverso la crisi «molto meglio di quelle di altri Paesi». Inoltre, «il deficit di bilancio è stato molto più limitato di quello della maggior parte dei Paesi avanzati.
Questo fa sì che l’economia italiana abbia meno bisogno di ridurre la propria leva finanziaria e sia bene impostata per una graduale ripresa”. Poco più di un mese dopo, il governo Berlusconi vara una manovra correttiva di quasi 25 miliardi euro (quasi l’1,5% del Pil), giustificandola come necessaria per non cadere nel “baratro greco”. E lo stesso premier aggiunge che si tratta di una manovra in cui “non si mettono le mani nelle tasche degli italiani”, “tutta incentrata su tagli equi e non su maggiori entrate”, “condizione essenziale per riprendere il cammino della crescita economica”. Al riguardo vogliamo sottolineare alcuni punti.
1. Essendo una manovra fortemente basati su tagli (anche se non è del tutto vero, come vedremo poco più avanti), ne consegue che il primo effetto sarà una riduzione della domanda aggregata e quindi ci sarà un effetto recessivo sul Pil. E’ infatti abbastanza noto che qualunque politica di austerity lungi dal far crescere il Pil e creare le premesse per una ripresa economica, rischia anche di non ottenere nessun risultato in termini di riduzione del rapporto deficit pubblico/pil. Infatti se è vero che una politica di contenimento della spesa pubblica fa ridurre il deficit pubblico, tuttavia se l’effetto è anche una riduzione del Pil, allora l’effetto finale può essere nullo. Ne consegue che lo scopo dichiarato della manovra (a livello europeo) non è rientrare nei parametri di Maastricht (questi sono solo specchietti per le allodole) ma piuttosto completare l’opera di smantellamento del welfare europeo, già iniziato proprio con la costituzione dell’Unione Economica Europea. E, si noti, tale obiettivo è del tutto in sintonia con gli obiettivi della speculazione finanziaria, che proprio sulla fine del welfare europeo ha scommesso negli ultimi mesi, a partire dalla Grecia per poi arrivare ad attaccare l’Euro. Da questo punto di vista, le politiche lacrime e sangue dell’Europa, unitamente all’immissione di 500 miliardi di euro di liquidità, conferma ulteriormente la supremazia dei mercati finanziari e la subalternità degli stati-nazione europei.
2. Nonostante le dichiarazioni di Berlusconi e ciò che è stato scritto sui giornali, non si tratta di una manovra incentrata solo sui tagli alla spesa; al contrario ben il 40 per cento della manovra a regime (nel 2012) è composto da maggiori entrate (cfr. Lavoce.info). Esse dovrebbero derivare (per un ammontare pari a 8 miliardi) dai provvedimenti denominati “anti-evasione”, tra i quali compare anche la regolarizzazione dei cosiddetti “immobili fantasma”, un nuovo modo per chiamare di fatto il terzo condono fiscale effettuato dal governo negli ultimi anni. Si tratta di una cifra del tutto aleatoria, dal momento che recuperare l’evasione tramite forme più o meno mascherate di condono fiscale porta a incentivare la stessa evasione fiscale. Sul lato dei tagli alla spesa pubblica, il 70% è costituito dalla riduzione dei trasferimenti agli enti locali, con il probabile effetto o di ridurre i servizi erogati, peggiorandone la qualità, o di introdurre e/o innalzare le tariffe o operare un aumento delle tasse locali. Qualunque sia la scelta, il portafoglio dei cittadini ne risentirà. Nonostante l’enfasi posta dal dibattito mediatico, i tagli ai costi della politica si riducono a ben poca cosa, nell’ordine di qualche milione di euro. Il congelamento dei contratti nel pubblico impiego inciderà probabilmente molto meno di quanto previsto (5 miliardi), dal momento che il blocco degli scatti di anzianità e dei rinnovi contrattuali è di fatto già in essere da tempo (non a caso la dinamica dei salari del personale pubblico non dirigente, al netto dei militari e delle forze dell’ordine, risulta inferiore a quella dei comparti privati: dati Aran, fig. 3, pag. 21). Pesanti sono, invece, gli interventi su scuola e sanità. Per la prima, è soprattutto il blocco degli incrementi automatici delle retribuzioni nel triennio a determinare la riduzione della spesa; per la seconda, è un complesso di riduzioni nel personale e di riclassificazione della spesa farmaceutica. Infine, circa un miliardo di euro dovrebbe derivare dalla chiusura di alcune finestre per pensioni di vecchiaia e anzianità
3. La manovra non ha nessun elemento di equità. I più penalizzati sono i giovani, per i quali la possibilità di entrare in maniera stabile nel mercato del lavoro – già ridotta al lumicino – si farà ancor più difficile. E tutto ciò avviene in un contesto di elevata inefficienza degli ammortizzatori sociali, che in Italia – come noto – sono del tutto parziali e fortemente discorsivi. Inoltre, non è presente nessun intervento che abbia come fine un riequilibrio della distribuzione del reddito a vantaggio dei redditi a lavoro. Anzi, i tagli alla spesa penalizzano ancora una volta segmenti del lavoro dipendente e precario, senza minimamente intaccare i grandi patrimoni immobiliari e finanziari. L’Italia, non dimentichiamolo, è ancora l’unico paese dell’Europa nel quale sui depositi e conti correnti bancari e postali e sulle obbligazioni private con scadenza inferiore a diciotto mesi vi è una imposta sostitutiva dell’Irpef, prelevata alla fonte, con l’aliquota del 27 per cento. Sugli interessi sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a diciotto mesi, l’aliquota è invece il 12,5 per cento. La stessa aliquota è applicata anche ai dividendi e a tutte le plusvalenze. In altre parole, le forme di risparmio dei ceti meno abbienti sono tassate più del doppio delle rendite derivanti da attività speculative.
Il 24 aprile 2010 a Washington nell’incontro dei G20 il ministro Tremonti dichiarava che l’Italia «non avrà bisogno di ampi aggiustamenti strutturali al proprio settore finanziario, né di un riequilibrio tra risparmio e consumi». I livelli di debito del settore privato, infatti, restano contenuti e le banche sono passate attraverso la crisi «molto meglio di quelle di altri Paesi». Inoltre, «il deficit di bilancio è stato molto più limitato di quello della maggior parte dei Paesi avanzati. Questo fa sì che l’economia italiana abbia meno bisogno di ridurre la propria leva finanziaria e sia bene impostata per una graduale ripresa”. Poco più di un mese dopo, il governo Berlusconi vara una manovra correttiva di quasi 25 miliardi euro (quasi l’1,5% del Pil), giustificandola come necessaria per non cadere nel “baratro greco”. E lo stesso premier aggiunge che si tratta di una manovra in cui “non si mettono le mani nelle tasche degli italiani”, “tutta incentrata su tagli equi e non su maggiori entrate”, “condizione essenziale per riprendere il cammino della crescita economica”. Al riguardo vogliamo sottolineare alcuni punti. 1. Essendo una manovra fortemente basati su tagli (anche se non è del tutto vero, come vedremo poco più avanti), ne consegue che il primo effetto sarà una riduzione della domanda aggregata e quindi ci sarà un effetto recessivo sul Pil. E’ infatti abbastanza noto che qualunque politica di austerity lungi dal far crescere il Pil e creare le premesse per una ripresa economica, rischia anche di non ottenere nessun risultato in termini di riduzione del rapporto deficit pubblico/pil. Infatti se è vero che una politica di contenimento della spesa pubblica fa ridurre il deficit pubblico, tuttavia se l’effetto è anche una riduzione del Pil, allora l’effetto finale può essere nullo. Ne consegue che lo scopo dichiarato della manovra (a livello europeo) non è rientrare nei parametri di Maastricht (questi sono solo specchietti per le allodole) ma piuttosto completare l’opera di smantellamento del welfare europeo, già iniziato proprio con la costituzione dell’Unione Economica Europea. E, si noti, tale obiettivo è del tutto in sintonia con gli obiettivi della speculazione finanziaria, che proprio sulla fine del welfare europeo ha scommesso negli ultimi mesi, a partire dalla Grecia per poi arrivare ad attaccare l’Euro. Da questo punto di vista, le politiche lacrime e sangue dell’Europa, unitamente all’immissione di 500 miliardi di euro di liquidità, conferma ulteriormente la supremazia dei mercati finanziari e la subalternità degli stati-nazione europei. 2. Nonostante le dichiarazioni di Berlusconi e ciò che è stato scritto sui giornali, non si tratta di una manovra incentrata solo sui tagli alla spesa; al contrario ben il 40 per cento della manovra a regime (nel 2012) è composto da maggiori entrate (cfr. Lavoce.info). Esse dovrebbero derivare (per un ammontare pari a 8 miliardi) dai provvedimenti denominati “anti-evasione”, tra i quali compare anche la regolarizzazione dei cosiddetti “immobili fantasma”, un nuovo modo per chiamare di fatto il terzo condono fiscale effettuato dal governo negli ultimi anni. Si tratta di una cifra del tutto aleatoria, dal momento che recuperare l’evasione tramite forme più o meno mascherate di condono fiscale porta a incentivare la stessa evasione fiscale. Sul lato dei tagli alla spesa pubblica, il 70% è costituito dalla riduzione dei trasferimenti agli enti locali, con il probabile effetto o di ridurre i servizi erogati, peggiorandone la qualità, o di introdurre e/o innalzare le tariffe o operare un aumento delle tasse locali. Qualunque sia la scelta, il portafoglio dei cittadini ne risentirà. Nonostante l’enfasi posta dal dibattito mediatico, i tagli ai costi della politica si riducono a ben poca cosa, nell’ordine di qualche milione di euro. Il congelamento dei contratti nel pubblico impiego inciderà probabilmente molto meno di quanto previsto (5 miliardi), dal momento che il blocco degli scatti di anzianità e dei rinnovi contrattuali è di fatto già in essere da tempo (non a caso la dinamica dei salari del personale pubblico non dirigente, al netto dei militari e delle forze dell’ordine, risulta inferiore a quella dei comparti privati: dati Aran, fig. 3, pag. 21 http://www.aranagenzia.it/homearan.nsf/doculinkN/rapptrim/$file/A11n2.pdf?openelement ). Pesanti sono, invece, gli interventi su scuola e sanità. Per la prima, è soprattutto il blocco degli incrementi automatici delle retribuzioni nel triennio a determinare la riduzione della spesa; per la seconda, è un complesso di riduzioni nel personale e di riclassificazione della spesa farmaceutica. Infine, circa un miliardo di euro dovrebbe derivare dalla chiusura di alcune finestre per pensioni di vecchiaia e anzianità 3. La manovra non ha nessun elemento di equità. I più penalizzati sono i giovani, per i quali la possibilità di entrare in maniera stabile nel mercato del lavoro - già ridotta al lumicino - si farà ancor più difficile. E tutto ciò avviene in un contesto di elevata inefficienza degli ammortizzatori sociali, che in Italia – come noto – sono del tutto parziali e fortemente discorsivi. Inoltre, non è presente nessun intervento che abbia come fine un riequilibrio della distribuzione del reddito a vantaggio dei redditi a lavoro. Anzi, i tagli alla spesa penalizzano ancora una volta segmenti del lavoro dipendente e precario, senza minimamente intaccare i grandi patrimoni immobiliari e finanziari. L’Italia, non dimentichiamolo, è ancora l’unico paese dell’Europa nel quale sui depositi e conti correnti bancari e postali e sulle obbligazioni private con scadenza inferiore a diciotto mesi vi è una imposta sostitutiva dell’Irpef, prelevata alla fonte, con l’aliquota del 27 per cento. Sugli interessi sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a diciotto mesi, l’aliquota è invece il 12,5 per cento. La stessa aliquota è applicata anche ai dividendi e a tutte le plusvalenze. In altre parole, le forme di risparmio dei ceti meno abbienti sono tassate più del doppio delle rendite derivanti da attività speculative. _______________________________________________ Il 24 aprile 2010 a Washington nell’incontro dei G20 il ministro Tremonti dichiarava che l’Italia «non avrà bisogno di ampi aggiustamenti strutturali al proprio settore finanziario, né di un riequilibrio tra risparmio e consumi». I livelli di debito del settore privato, infatti, restano contenuti e le banche sono passate attraverso la crisi «molto meglio di quelle di altri Paesi». Inoltre, «il deficit di bilancio è stato molto più limitato di quello della maggior parte dei Paesi avanzati. Questo fa sì che l’economia italiana abbia meno bisogno di ridurre la propria leva finanziaria e sia bene impostata per una graduale ripresa”. Poco più di un mese dopo, il governo Berlusconi vara una manovra correttiva di quasi 25 miliardi euro (quasi l’1,5% del Pil), giustificandola come necessaria per non cadere nel “baratro greco”. E lo stesso premier aggiunge che si tratta di una manovra in cui “non si mettono le mani nelle tasche degli italiani”, “tutta incentrata su tagli equi e non su maggiori entrate”, “condizione essenziale per riprendere il cammino della crescita economica”. Al riguardo vogliamo sottolineare alcuni punti. 1. Essendo una manovra fortemente basati su tagli (anche se non è del tutto vero, come vedremo poco più avanti), ne consegue che il primo effetto sarà una riduzione della domanda aggregata e quindi ci sarà un effetto recessivo sul Pil. E’ infatti abbastanza noto che qualunque politica di austerity lungi dal far crescere il Pil e creare le premesse per una ripresa economica, rischia anche di non ottenere nessun risultato in termini di riduzione del rapporto deficit pubblico/pil. Infatti se è vero che una politica di contenimento della spesa pubblica fa ridurre il deficit pubblico, tuttavia se l’effetto è anche una riduzione del Pil, allora l’effetto finale può essere nullo. Ne consegue che lo scopo dichiarato della manovra (a livello europeo) non è rientrare nei parametri di Maastricht (questi sono solo specchietti per le allodole) ma piuttosto completare l’opera di smantellamento del welfare europeo, già iniziato proprio con la costituzione dell’Unione Economica Europea. E, si noti, tale obiettivo è del tutto in sintonia con gli obiettivi della speculazione finanziaria, che proprio sulla fine del welfare europeo ha scommesso negli ultimi mesi, a partire dalla Grecia per poi arrivare ad attaccare l’Euro. Da questo punto di vista, le politiche lacrime e sangue dell’Europa, unitamente all’immissione di 500 miliardi di euro di liquidità, conferma ulteriormente la supremazia dei mercati finanziari e la subalternità degli stati-nazione europei. 2. Nonostante le dichiarazioni di Berlusconi e ciò che è stato scritto sui giornali, non si tratta di una manovra incentrata solo sui tagli alla spesa; al contrario ben il 40 per cento della manovra a regime (nel 2012) è composto da maggiori entrate (cfr. Lavoce.info). Esse dovrebbero derivare (per un ammontare pari a 8 miliardi) dai provvedimenti denominati “anti-evasione”, tra i quali compare anche la regolarizzazione dei cosiddetti “immobili fantasma”, un nuovo modo per chiamare di fatto il terzo condono fiscale effettuato dal governo negli ultimi anni. Si tratta di una cifra del tutto aleatoria, dal momento che recuperare l’evasione tramite forme più o meno mascherate di condono fiscale porta a incentivare la stessa evasione fiscale. Sul lato dei tagli alla spesa pubblica, il 70% è costituito dalla riduzione dei trasferimenti agli enti locali, con il probabile effetto o di ridurre i servizi erogati, peggiorandone la qualità, o di introdurre e/o innalzare le tariffe o operare un aumento delle tasse locali. Qualunque sia la scelta, il portafoglio dei cittadini ne risentirà. Nonostante l’enfasi posta dal dibattito mediatico, i tagli ai costi della politica si riducono a ben poca cosa, nell’ordine di qualche milione di euro. Il congelamento dei contratti nel pubblico impiego inciderà probabilmente molto meno di quanto previsto (5 miliardi), dal momento che il blocco degli scatti di anzianità e dei rinnovi contrattuali è di fatto già in essere da tempo (non a caso la dinamica dei salari del personale pubblico non dirigente, al netto dei militari e delle forze dell’ordine, risulta inferiore a quella dei comparti privati: dati Aran, fig. 3, pag. 21 http://www.aranagenzia.it/homearan.nsf/doculinkN/rapptrim/$file/A11n2.pdf?openelement ). Pesanti sono, invece, gli interventi su scuola e sanità. Per la prima, è soprattutto il blocco degli incrementi automatici delle retribuzioni nel triennio a determinare la riduzione della spesa; per la seconda, è un complesso di riduzioni nel personale e di riclassificazione della spesa farmaceutica. Infine, circa un miliardo di euro dovrebbe derivare dalla chiusura di alcune finestre per pensioni di vecchiaia e anzianità 3. La manovra non ha nessun elemento di equità. I più penalizzati sono i giovani, per i quali la possibilità di entrare in maniera stabile nel mercato del lavoro - già ridotta al lumicino - si farà ancor più difficile. E tutto ciò avviene in un contesto di elevata inefficienza degli ammortizzatori sociali, che in Italia – come noto – sono del tutto parziali e fortemente discorsivi. Inoltre, non è presente nessun intervento che abbia come fine un riequilibrio della distribuzione del reddito a vantaggio dei redditi a lavoro. Anzi, i tagli alla spesa penalizzano ancora una volta segmenti del lavoro dipendente e precario, senza minimamente intaccare i grandi patrimoni immobiliari e finanziari. L’Italia, non dimentichiamolo, è ancora l’unico paese dell’Europa nel quale sui depositi e conti correnti bancari e postali e sulle obbligazioni private con scadenza inferiore a diciotto mesi vi è una imposta sostitutiva dell’Irpef, prelevata alla fonte, con l’aliquota del 27 per cento. Sugli interessi sui titoli del debito pubblico, sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a diciotto mesi, l’aliquota è invece il 12,5 per cento. La stessa aliquota è applicata anche ai dividendi e a tutte le plusvalenze. In altre parole, le forme di risparmio dei ceti meno abbienti sono tassate più del doppio delle rendite derivanti da attività speculative. Ip-list mailing list Ip-list@inventati.org https://www.autistici.org/mailman/listinfo/ip-list
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