La rinascita delle Corporazioni dietro gli accordi di Pomigliano e Mirafiori.
Sbagliato parlare di fascismo si affanna a dire la segretaria sindacale. Non è fascismo ribatte il commentatore TV. Ridicolo parlare di fascismo, ripete il ministro. E basta con queste categorie vecchie di 100 anni, fascismo corporativismo, siamo nel 2011 no?
Però se si leggono i 30 brevi articoli della ‘Carta del Lavoro’ votata dal Gran Consiglio del fascismo nel 1927, le analogie con le turbo-riforme del diritto del lavoro di questi ultimi mesi fanno venire i brividi.
Intanto, la foga ‘riformatrice’ che sta stravolgendo il diritto del lavoro e le relazioni industriali non sarà fascismo ma usa gli stessi termini, come ‘Carta del Lavoro’, ‘Prestatori d’opera’, ‘Collaboratori’, ‘Tentativo di Conciliazione’.
Parole che nascondono concetti e intenti del tutto uguali a quelli odierni.
Sentite qua: ‘Nelle controversie collettive del lavoro l’azione giudiziaria non può essere intentata se l’organo corporativo non ha prima esperito il tentativo di conciliazione. In quelle individuali le corporazioni hanno facoltà di interporre i loro uffici per la conciliazione’. Il ‘Collegato Lavoro’, la cosiddetta legge Ammazza precari che con il prossimo scadere del 23 gennaio vedrà ridotte le possibilità di far causa alle aziende, non dice la stessa cosa?
Questa è un’altra chicca che riassume la tendenza degli ultimi accordi tra ‘le parti sociali’: ‘La determinazione del salario è sottratta a qualsiasi norma generale e affidata all’accordo delle parti nei contratti collettivi’.
C’è di più. L’articolo 19 della ‘Carta del Lavoro’ riassume in breve le fumose frasi del contratto di Pomigliano che parlano di responsabilità di lavoratori e delegati sindacali sugli atti volti a rendere vani gli accordi: la parte che punisce lo sciopero. Dice chiaro chiaro: ‘Le infrazioni alla disciplina e gli atti che perturbino il normale andamento dell’azienda commessi dai prestatori di lavoro sono puniti, secondo la gravità con multa, sospensione o licenziamento immediato senza indennità.’ Questo sì che è parlare chiaro!
L’art. 3 è imbarazzante per l’analogia con il contratto di lavoro di Pomigliano, dice: ‘L’organizzazione sindacale è libera, ma solo il sindacato riconosciuto legalmente ha il diritto di rappresentare tutta la categoria per cui è costituito, di stipulare contratti collettivi, di imporre contributi’. E’ il passaggio fondamentale tra sindacato e corporazione, il succo di quel che sta succedendo in questi giorni, quello di cui naturalmente nessuno parla.
Comunque la pensiate è molto triste scoprire come le tanto decantate nuove relazioni industriali del moderno Marchionne ricalchino, almeno in parte, quelle di un secolo fa. Se, oltre all’età, si aggiunge il carattere autoritario del fascismo, e la fiacchezza dell’opposizione riformista del tempo, il quadro delle similitudini diventa da panico. Per la cronaca, nel ’27 oltre alla Carta del lavoro venivano sgomberati oltre 100 spazi sociali del tempo (spacci contadini, società di mutuo soccorso e cooperative), licenziati o zittiti sindacalisti non corporativi, sciolte le Camere del Lavoro non corporative, disposta la sospensione dell’indennità carovita dai contratti (la vecchia scala mobile) e il 10% secco di diminuzione dei salari per tutti i dipendenti pubblici.
Ma guarda che combinazione!
Chissà come mai i punti della Carta del Lavoro che sarebbero necessari oggi, soprattutto per centinaia di migliaia di precari lasciati soli nella giungla del mercato, sono stati tutti allegramente ignorati dai moderni legislatori, giuslavoristi ed esimi sindacalisti.
Eppure anche solo 2 di questi articoli sarebbero la manna per i precari ( e non solo).
Articolo 14: quando la retribuzione è a cottimo va corrisposta ogni 15 o 7 giorni. Articolo 15: Il prestatore ha diritto al riposo settimanale in coincidenza con la domenica. Dopo un anno di lavoro ininterrotto il prestatore ha diritto a un periodo di riposo feriale retribuito. Articolo 17. Nelle imprese a lavoro continuo il prestatore ha diritto a una indennità in caso di cessazione per licenziamento senza sua colpa. Art. 18. Il trapasso dell’azienda non risolve il contratto di lavoro e il personale conserva i suoi diritti nei confronti del nuovo titolare. Il contratto collettivo si estende anche ai lavoratori a domicilio.
La Carta del Lavoro diventa illuminante quando parla di previdenza.
Art 26. La previdenza è un’alta manifestazione del principio di collaborazione. Datore di lavoro e prestatore devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato procurerà di coordinare e unificare quanto è più possibile, il sistema e gli istituti di previdenza. Lo Stato si propone di perfezionare l’assicurazione infortuni, maternità, malattie professionali, disoccupazione involontaria e l’adozione di forme di assicurazioni dotalizie per giovani lavoratori.
Oggi quella collaborazione è diventata ricatto, la pace sociale è imposta senza contropartita se non la possibilità di lavorare. La previdenza non è prevista per la massa dei precari che producono ricchezza. Siamo nel 1927 o nel 2010? Dove sono passato e futuro, progresso e barbarie? Fino a quando dovremo tenere innestata la retromarcia? Quando si arriva in fondo?
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