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Nord Italia, Milano. Nella fabbrica cognitiva nuova di zecca, disegnata dall’archistar per gli azionisti che gliel’hanno commissionata (formula “massimo ribasso”), il cellulare non prende. L’ottimizzazione della produzione, innanzitutto. Non perdete tempo a telefonare ma scrivete, editate testi, impaginate. Fateci controllare quanti pezzi fornite ciascuno, e in quanto tempo. Quanti siete, qui? Siete troppi. E lasciate perdere la “vostra” vita, per cortesia. Il desiderio di vita corrompe, fa perdere di vista, ancora una volta, la produzione. Datela a noi la vita, che è una risorsa. Umana. Se non vi garba, siete fuori. Il futuro del lavoro dovrebbe funzionare così: su dieci, otto fuori e quei due unici rimasti, soli, dentro, a pedalare come pazzi, senza sosta e senza orari.
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Ancora una volta il dibattito politico italiano ha sussulti retrò e stravaganti. Non è la prima volta. Recentemente l’ineffabile ministro della creatività finanziaria Giulio Tremonti pare abbia scoperto il “valore del posto fisso”. Detto da lui, può solo venir da ridere, se, ad esempio, consideriamo che è lui il vero burattinaio che sta dietro ai tagli alla scuola con la conseguente precarizzazione e licenziamento di migliaia di insegnanti.
Tuttavia la boutade di Tremonti, al di là delle motivazioni squisitamente politiciste e interne ai precari equilibri della maggioranza, mette a nudo un problema che oggi sta diventando centrale: l’eccessiva deregulation del lavoro porta non flessibilità ma precarietà con effetti nefasti sulla stessa efficienza dell’apparato produttivo. Tale risultato, come sappiamo, è il frutto congiunto sia delle politiche del centro destra (in nome del profitto) che del centro sinistra (in nome della competitività).
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Ci era noto che nell’area milanese, il caso dell’Insee non era isolato. Era solo la parte più visibile di un iceberg, la cui massa nascosta, sotto il pelo dell’acqua, è molto più ampia di quanto si possa credere. Soltanto nei primi mesi di quest’anno, si possono riscontrare diversi casi analoghi: il centro di ricerche della Nokia-Siemens a Cinisello Balsamo, l’Esab di Mesero, l’Elco di Inzago, la Saes Getter di Lainate, la Lares e la Metalli Preziosi di Paderno Dugnano, l’Eutelia di Pregnana Milanese, l’Aluminium di Rozzano, la Ercole Marelli-Alstom Power e la Omnia Network di Sesto S.Giovanni, l’Ideal Standard di Brescia (da ieri occupata dai lavoratori), solo per citare le più grandi.
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Per chi non lo sapesse, siamo in tempi di crisi. E’ iniziata più di due anni fa, nell’agosto 2007, inizialmente coinvolgendo il mercato dei subprime. Le previsioni per la fine di questo anno parlano per l’Italia di un calo del Pil del 6%, una riduzione dell’export di quasi il 24%, un calo dei consumi di oltre il 2%, un aumento del tasso di disoccupazione dal 7% a oltre il 10%.
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Sono sempre lì a farsi fotografare. Berlusconi, Formigoni, Bertolaso. A giorni alterni inaugurano scuole, benedicono cantieri, e sorridono agli applausi abilmente montati dai cameraman dei TG nazionali. Ma intanto in tenda comincia a fare un freddo cane, e gli animi degli abruzzesi si arroventano: di motivi, per essere incazzati, ne hanno parecchi.
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