Ancora una volta il dibattito politico italiano ha sussulti retrò e stravaganti. Non è la prima volta. Recentemente l’ineffabile ministro della creatività finanziaria Giulio Tremonti pare abbia scoperto il “valore del posto fisso”. Detto da lui, può solo venir da ridere, se, ad esempio, consideriamo che è lui il vero burattinaio che sta dietro ai tagli alla scuola con la conseguente precarizzazione e licenziamento di migliaia di insegnanti.
Tuttavia la boutade di Tremonti, al di là delle motivazioni squisitamente politiciste e interne ai precari equilibri della maggioranza, mette a nudo un problema che oggi sta diventando centrale: l’eccessiva deregulation del lavoro porta non flessibilità ma precarietà con effetti nefasti sulla stessa efficienza dell’apparato produttivo. Tale risultato, come sappiamo, è il frutto congiunto sia delle politiche del centro destra (in nome del profitto) che del centro sinistra (in nome della competitività).