Negli stadi italiani oltre i 7500 posti l’obbligo di avere cittadini in
pettorina gialla addestrati a controllare i tifosi. Ecco come li hanno
preparati
Roberto Anchini mostra tutti i documenti, le schede di valutazione, il
materiale sulla scrivania, sparse nel piccolo ufficio. Bisogna fare in
fretta e bene, perché ci sono delle regole, dei controlli, ispezioni. E
naturalmente soldi che ballano, professionalità da rispettare e ritorno
mediatico da attendere.
Dal 1 marzo anche lo stadio di Genova, come tutti gli stadi italiani la cui capienza supera i 7500 posti, dovrà attrezzarsi con gli steward di ordinanza. Anchini, attraverso la cooperativa Atform, ne cura la formazione. Conosce a memoria il decreto dell’8 agosto 2007, è andato a Coverciano a seguire gli incontri preparatori, si è, a suo modo, industriato per superare alcuni punti oscuri e domande cui trovare risposte. Come, ad esempio, assicurarsi che un candidato steward possa dimostrare la propria estraneità all’uso di droghe, alcool, a sintomi daltonici, elementi psicopatologici, in poco e rapido tempo? Certificato del medico curante: è ok anche per l’Osservatorio. Omologato. Nella sede della cooperativa sono in corso le lezioni che servono a fare crescere bravi e responsabili steward. E’ la prima parte della preparazione: la teoria. Due classi da 25 persone l’una, età che varia dai 21 anni ai 55: corso psicologico, giuridico, primo intervento sanitario e ordine pubblico. Quest’ultimo risulta il più interessante: capire come un funzionario di polizia spiega ai futuri steward le caratteristiche del decreto, insieme alle valutazioni sull’ordine pubblico allo stadio da parte di chi lo gestisce da tempo immemore. A Genova uno degli insegnanti è Carlo Di Sarro, vicequestore vicario della questura ligure. Imputato al processo Diaz per essere uno dei firmatari dei verbali (considerati falsi dalla procura) di arresto e perquisizione della «macelleria messicana» del 20 luglio 2001, il suo nome è presente anche nelle recenti intercettazioni che tirano in ballo De Gennaro e Manganelli. Con Di Sarro si può solo scambiare qualche rapida battuta: una telefonata al capo di gabinetto della questura di Genova, Sebastiano Salvo e la lezione, improvvisamente, diventa a porte chiuse. A nessuno, sicuramente ad alcuni, è permesso di ascoltarla. Un inizio un po’ così in quella che dovrebbe essere una nuova fase di trasparenza e buon senso nella gestione degli stadi, proprio nel momento in cui a controllare i cittadini, saranno altri cittadini e non pubblici ufficiali.
La catena di comando.
Dal primo marzo, ogni domenica, gli steward saranno messi in campo in ogni stadio italiano con criteri peculiari, frutto di una organizzazione più simile alla catena di comando delle forze dell’ordine, che non a un corpo di pubblica servizio. Partendo dal vertice. Stefano Filucchi è il coordinatore nazionale di tutto l’ambaradan. Le istituzioni calcistiche – ma anche il ministero – si sono rivolte a lui. Non rilascia interviste: preferisce procedere, piuttosto che chiacchierare. Nella nota della Figc il suo curriculum parla chiaro: «Stefano Filucchi (attualmente vice direttore generale dell’Inter e responsabile di tutta l’area stampa e marketing del club nerazzurro ndr) ha una larga esperienza in materia di sicurezza e ordine pubblico: entrato in Polizia nel 1989, ha ricoperto numerosi incarichi di responsabilità nelle strutture operative del Viminale. Dopo le prime esperienze alla Squadra mobile di Livorno, ha lavorato presso la Direzione investigativa antimafia quale capo sezione nei Centri operativi di Roma, Palermo e Firenze. Tra gli altri incarichi, è stato Direttore della Sicurezza del Comune di Firenze e si è dedicato in particolare all’approfondimento dei problemi relativi all’ordine pubblico. Portavoce del capo della Polizia De Gennaro nel 2002 e rappresentante italiano in organismi di sicurezza dell’Onu e dell’Ipo, Filucchi ha poi maturato un’esperienza specifica nel mondo del calcio assumendo negli anni 2003 e 2004 la responsabilità della sicurezza e delle relazioni istituzionali dell’Inter». L’ex portavoce dell’allora grande capo della Polizia Gianni de Gennaro è stato il primo ad avere un ruolo deputato alla sicurezza per l’Inter, la prima società ad istituire una figura di questo genere. Una peculiarità dei Moratti- Tronchetti: basti pensare ai vari Tavaroli e scandali a seguito dell’ansia – e forse non solo ansia – di controllo (compresi i pedinamenti al bomber Vieri). I riconoscimenti per Filucchi non sono finiti con il ruolo di coordinatore generale degli steward italiani: sarà lui a organizzare la sicurezza nel 2009, quando a Roma andrà in scena la finale di Champion’s. Da parecchio la sicurezza (e il suo miscuglio pubblico e privato) è un buon business.
A livello locale la struttura attraverso la quale viene emanata l’attività di stewarding è piuttosto articolata. Al vertice c’è il G.O.S.: una sigla che riecheggia un acronimo già usato dalle forze di polizia e che significa Gruppo Operativo di Sicurezza, una sorta di Osservatorio Locale. A comporlo un funzionario di Polizia, vigili del fuoco, servizio sanitario, la municipale e il delegato alla sicurezza della società. Poi ci sono loro, gli steward. Il capo steward divide con il delegato alla sicurezza la gestione dell’impianto. Poi, appena sotto, c’è un responsabile di funzione, poi tre coordinatori, poi due capi unità e infine i soldati semplici, gli steward con pettorina gialla o arancione e numero progressivo.
Accoglienza e Prevenzione
Sullo spelacchiato campo di Marassi, altro che erba grassa di breriana memoria, Matteo Sanna, responsabile della sicurezza del Genoa per l’impianto, ricorda gli imperativi categorici degli steward: accogliere i tifosi e prevenire i comportamenti considerati irregolari. La rivista della polizia di Stato ha così riassunto i loro compiti: bonifica dell’impianto, prefiltraggio, filtraggio, attività all’interno dello stadio. I requisiti sono molti, ma uno balza all’occhio: «conoscere le tecniche per individuare persone sospette dall’atteggiamento e dai modi di comportamento all’accettazione e ai controlli di sicurezza». Steward lombrosiani.
L’intento da parte delle società è quello di assicurarsi persone che non diano di matto o che non siano teste calde: i candidati vengono vagliati dalla Prefettura e devono infatti superare prove attitudinali e test psicologici. Matteo Sanna specifica i già buoni risultati degli steward nello stadio di Genova: «la grande maggioranza delle persone nelle curve si sono dette contente della presenza degli steward, rispetto a quella della polizia». Anche se nella formazione non sembra siano previsti incontri con tifoserie o gruppi di tifosi, è chiaro a tutti che gli ambiti delicati saranno i soliti: le curve di casa e gli eventuali spicchi di tifosi ospiti (fino a che non verranno vietate tutte le trasferte, naturalmente). In quel caso il ruolo di controllo degli steward dovrà essere in grado di identificare eventuali comportamenti scorretti e riportarli direttamente ai pubblici ufficiali presenti e resistere a eventuali incandescenze dei tifosi. Come quelle capitate a fine gennaio allo steward di Piacenza, ma originario del Marocco che, pur essendo campione di kickboxing, ha ascoltato in silenzio gli improperi razzisti di un tifoso ascolano ubriaco e su di giri. L’ascolano è stato arrestato grazie ai meccanismi di video controllo degli stadi, lo steward è stato elogiato un po’ da tutti. Perché ha fatto come se non ci fosse stato.
Autonomie e controllo
Ogni società ha scelto il proprio strumento e metodo di formazione e reclutamento: a Genova, ad esempio, la Provincia ha contribuito in modo importante a tutto il processo. A Firenze ci pensa la Confesercenti, attraverso la propria agenzia formativa, altre squadre lo fanno a proprie spese, a Piacenza la società li forma insieme all’università Cattolica. A Genova gli steward – che avranno contratti a chiamata o di collaborazione – beccheranno cifre tra i 45 euro (attività fuori dall’impianto) e i 25 euro (dentro) a partita. In Italia si oscillerà in generale tra i 100 e i 20 euro. Un po’ poco, ma probabilmente considerato abbastanza dalle società visto il target richiedente: studenti e precari. Per molti è il secondo lavoro, quello per arrotondare.
Per partite di particolare importanza, le società potranno chiedere aiuto ad altre squadre. Lo ha definito l’Osservatorio il 17 gennaio scorso. Qualcosa che ricorda, vagamente, gli spostamenti dei vari reparti celeri famosi, nel caso fosse scontata la necessità di avere gente preparata, per partite particolarmente a rischio.
Dal primo marzo al via dunque l’esperimento che, al di là di tante parole, non sembra modificare di molto quanto già eravamo abituati a vedere negli stadi. Ci saranno meno poliziotti, ma ci saranno comunque le consuete formazioni di scientifica, digos all’ingresso e dentro al terreno di gioco. Le telecamere faranno il resto. L’istituzione dello steward infine, sembra avvicinare anche lo stadio ai tanti non luoghi in cui la vigilanza pubblica e privata controlla zone pubbliche, creando confusione tra leggi e regole, come ogni buona società disciplinare di focaultiana memoria richiede. Perché gli steward dovranno agire e riferire, senza flessibilità. L’osservanza di nuove regole- leggi sembra un ulteriore passo verso il tentativo di rendere naturale e legittimo il potere di punire (seppure diffuso mediaticamente come solo controllo e non repressione) e la necessità, possibilità e con esse l’abitudine, che ad esercitare il controllo sia un proprio uguale, un cittadino.
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