Rompere gl indugi: per un’idea nuova di Repubblica.
La Repubblica delle Imprese.
di P. Minchino
Mai come oggi il panorama politico nostrano si è dimostrato così in
 ritardo nelle proprie scelte. Non ci serve una maggioranza che passa
 metà del tempo a litigare e metà pensando a
                                    come sopravvivere. La
 classe imprenditoriale ha dato molto all’Italia, anche troppo. Ha
 dimostrato di saper lavorare per il bene di tutti, con meticolosità,
 inserendosi da protagonista nel mercato globale,
                                    con la grande
 industria capace di conquistare posizioni importanti, mentre le piccole
 medie imprese sono state capaci di collocarsi strategicamente nei
 flussi della produzione globale. Questo risultato lo
                                    si è ottenuto
 attraverso una ricetta semplice e chiara: aiuti massicci dallo stato
 alle imprese da un lato e abbassamento progressivo del costo del lavoro
 dall’altro. Il governo attuale deve impegnarsi con
                                    maggior efficacia e
 convinzione a incrementare le sovvenzioni alle aziende e deve sforzarsi
 di modernizzare, facendo piazza pulita di tutti qui lacci e laccioli
 che non ci consentono di essere competitivi
                                    con la Cina, sul fronte del
 costo del lavoro e con il Tukmenistan, per quello che riguarda la
 libertà di stampa. Oggi è la Cina a rappresentare un’opportunità e un
 modello a cui guardare. Ancora pochi anni
                                    fa, il gigante asiatico
 sembrava pasteggiare con le nostre Firme migliori. Il made in Italy è
 ancora in auge, come non accadeva da tempo. E’ il contesto a farci
 felici. Ma quando pensiamo a quella fantastica
                                    assenza totale di
 diritti del Far east, scusateci, ci assale un senso di estasi e
 invidia.
                                    
 Il dumping sociale cinese per l’impresa italiana è un problema
 complesso nel senso che non si può adeguare alle cosiddette condizioni
 "ingiuste" dei lavoratori cinesi. Purtroppo, ci raccontiamo che in
                                    Italia tali condizioni (cottimo esasperato, mancanza di diritti
 sindacali, discriminazione dei lavoratori, lavoro minorile) sono
 "moralmente inaccettabili". Ma chi l’ha detto? Le più recenti conquiste
 nel
                                    campo della bioetica lavorativa ci dimostrano invece che la morale,
 il posto fisso e i diritti sono superstizioni del secolo scorso
 propagandate da quegli apprendisti stregoni, professionisti del
 disordine,
                                    che hanno perorato le lotte sociali, politiche e sindacali,
 gettando nell’oscurità più totale il nostro globo Entro breve
 l’eugenetica storica ci dimostrerà che queste lotte non sono mai
 avvenute che tutele,
                                    diritti, salari dignitosi sono solo un’altra delle
 tante fole con cui si addormentano i bimbi. Cosicché c’è ancora molto
 lavoro da fare per la precarietà in Italia, senza andare a toccare il
 tasto doloroso
                                    dei lavoratori garantiti. Il governo esca dagli indugi e
 abbia il coraggio di eliminare alla radice quei pochi vincoli che
 ancora esistono. Benché limitati, ormai, non ci consentono ancora di
 trasformarci
                                    completamente nel paese regale della subfornitura. Un
 titolo che pensiamo debba essere perseguito fino in fondo, che ci
 spetta di diritto. Questo progetto unito alle due industrie di punta,
 la ferrari a
                                    simboleggiare l’alta velocità, il fashion warning (moda e
 design) ci forniscono l’idea di una caratterizzazione italiana piena.
 Una repubblica fondata sulla subfornitura fashion ad alta velocità
 fondata
                                    sul lavoro precario.








![Validate my RSS feed [Valid RSS]](/wp-content/uploads/valid-rss.png)
![Validate my Atom 1.0 feed [Valid Atom 1.0]](/wp-content/uploads/valid-atom.png)
Leave a Reply