Chi ha la ventura di vivere quest’epoca non potrà certo dire di aver attraversato decenni noiosi e indifferenti. Dopo quasi due secoli di progressi politici sociali e economici improvvisamente, prima lentamente poi sempre con maggiore velocità, il corso della storia sembra invertire la propria direzione e un’ immensa opera di ristrutturazione politico-economica spazza via uno dietro l’altro i diritti fondamentali: le conquiste, i salari dignitosi, uguaglianze, solidarietà e sovranità.
Certo ci sarebbe da questionare sul significato della parola progresso: sulla sua disomogenea distribuzione sia sociale che geografica, su chi ha potuto fruirne i benefici; si potrebbe pure discutere sugli effetti collaterali di questo progresso: l’insostenibilità dell’impatto ambientale di una politica tutta rivolta al consumo sfrenato, l’insostenibilità e sulla fugacità culturale e neurale di un sistema comunicativo che agisce come bombardamento della corteccia celebrale; si potrebbe dibattere a lungo, ma vi è una questione che non può essere elusa.