Reazionari ottocenteschi travestiti da Riformisti

Antonio Polito sul Corriere della Sera del 28 aprile si scaglia contro le proteste di chi vuole che i negozi rimangano chiusi il 1 maggio. Si tratta di uno dei tanti articoli, altamente demagogici e servili, che quella parte del giornalismo italiano ben pagato è uso fare a sostegno delle scelte padronali e reazionarie. Non sarebbe degno di alcuna attenzione, se non fosse che Polito cerca di giustificare la sua posizione a favore dell’attività di consumo anche nei giorni di festa con argomentazioni che lui stesso presenta come all’avanguardia rispetto alle posizioni retrive e vetero dei sindacati e dei lavoratori.

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Neuromarketing

( Due parole prima dell’entusiasmante articolo – si fa per dire – che segue. La precarietà sociale può essere considerata da diversi punti di vista. Ad esempio può essere pensata come il risultato della vittoria del capitale sul lavoro. Una visione dal linguaggio poco attuale, ma sicuramente pregna di verità. Oppure la precarietà può essere intesa come la vittoria del profitto delle aziende sulla vita delle persone, che è una declinazione un poco diversa dalla precedente O ancora: un’anomalia italiana, una degradazione dell’idea di flessibilità, un fenomeno congiunturale, una neoproletarizzazione della società e via così’ . Chi legge questo sito, chi segue le vicende della mayday, le lotte dei precari, anzi “la passione” dei precari  conosce perfettamente le nostre idee.  Che non ripeteremo ora. Vi è però un aspetto, una sfumatura che dobbiamo sottolineare. La precarità è dilagata  nel momento in cui ci hanno fatto credere che essere consumatori equivalesse ad essere liberi, soddisfatti e realizzati.

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