Presentazione di “Il diritto del comune. Crisi della sovranià, proprietà e nuovi poteri costituenti”, a cura di Sandro Chignola (ed. Ombre corte)
Saranno presenti il curatore Sandro Chignola e uno degli autori, Toni Negri. Dalle 19 aperitivo, a seguire presentazione
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Il nostro comune diritto
Che interesse possono avere le realtà precarie, metropolitane, studentesche, a discutere di un tema complesso e in apparenza tecnico – ma che pure risuona familiare – come quello del “diritto del comune”? Che correlazione c’è tra le lotte sul territorio e questo dibattito? Quale contributo offrono le “sperimentazioni” dei movimenti sociali, europei e internazionali, a questo argomento? Si tratta di affrontare qualcosa che è già intuitivo e vede diversi tentativi – a volte scomposti, a volte affascinanti – di applicazione pratica. Ecco così che alcuni autorevoli filosofi, studiosi del diritto e giuristi (da Negri a Teubner, da Giso Amendola a Michael Blecher a Ugo Mattei, con l’introduzione di Sandro Chignola) hanno dato forma alla questione nelle pagine del libro “Il diritto del comune. Crisi della sovranità, proprietà e nuovi potere costituenti” (ombre corte, collana UniNomade, 2012).
In altre parole, registriamo il consolidarsi, nel dibattito politico, del tema del “comune” e del suo “diritto” ai tempi del regime di biopolitica. Ai tentativi di cattura di ogni recesso del nostro essere-agire attraverso una stretta multiforme che si origina dalla condizione esistenziale precaria, risponde una intrinseca resistenza della vita. Essa non si limita a fare opposizione, ma sovverte, inventa, crea spazio al nuovo.
Oltre alla crisi economica e/o insieme a essa, constatiamo la crisi senza precedenti della forma-stato e delle forme di assicurazione delle individualità da esso garantite: si pensi, per fare esempi rapidi, a come la responsabilità sia stata sempre più addossata al singolo soggetto nella logica attuale del giuslavorismo italiano, cioè si pensi all’individualizzazione dei rapporti di lavoro e al crollo dei sistemi di welfare collegati alle politiche di privatizzazione laddove il pubblico si riduce a essere solo la nuova configurazione assunta dal privato ovvero ad assumere un ruolo normativo sulla intera società. Si pensi al ruolo prescrittivo dell’informazione, nell’esplicarsi dell’autonomia delle sfere comunicative. Tutto questo rappresenta una contraddizione palese del ruolo della Legge e dello Stato e delle sue varie istituzioni che apre la porta a potenziali autocostituenti derivanti proprio dalla frammentazione giuridica. Ovvero a forme di autorganizzazione e di autonomia che provano a liberarsi da tutte le sfere e le strutture che ci condannano a una totale assenza di rappresentanza e di voce.
Con il biocapitalismo si entra nella sfera della “sussunzione totale”, si supera la dicotomia sussunzione-formale e sussunzione-reale. Nel biocapitalismo cognitivo, infatti, il rapporto sociale di produzione si fonda sull’utilizzo simultaneo delle tecnologie, derivanti dal processo d’informatizzazione, vale a dire specificatamente capitalistiche, e delle facoltà di linguaggio e relazione, vale a dire specificatamente umane. Qui sta il centro della faccenda: questa inedita commistione non si può superare attraverso qualche raffazzonata forma di riformismo, da ricercarsi nella politica istituzionale dello stato e della governance globale. La nostra possibilità sta solo nella riappropriazione della nostra interezza, ovvero nell’immaginazione di una società che valorizzi direttamente il valore d’uso. Il precario/a è una soggettività molteplice e potente ma che il neoliberalismo la spinge verso l’impresa, verso l’etica dell’autorelizzazione attraverso il lavoro, verso la captazione del desiderio dentro i circuiti del consumo, sino alla produzione di comportamenti patologici, narcisisti o depressivi a seconda dei casi. Costretto, attraverso il ricatto del bisogno, a produrre in ogni momento della propria vita “valore di scambio”. Questo meccanismo va invertito, facendo leva sulla composizione di classe del lavoro vivo e sulla potenza della cooperazione sociale (riproduzione sociale).
L’exit dall’incubo non sta dunque nell’esodo, non sta nella salvezza promessa dalla giustizia o nelle procedure formali della cosiddetta “democrazia” ma piuttosto nella guerra contro il “capitalismo totale” contemporaneo, ovvero nella riappropriazione di reddito (insolvenza e reddito di base incondizionato), saperi (eliminazione della proprietà intellettuale), forme di autorganizzazione (oltre la delega, oltre il partito e il sindacato), nelle sperimentazioni di forme di autogestione del general intellect. Rivendicare e poi organizzare tutto questo è nostro comune diritto.
Il libro
Crisi della sovranità, degerarchizzazione delle fonti normative, settorializzazione e specificazione di codici informali, travolgono le frontiere su cui si è tradizionalmente assestata la scienza del diritto e fanno scivolare nell’indistinzione la differenza tra pubblico e privato, tra fatti e norme, tra società civile e Stato, espropriando contemporaneamente quest’ultimo del monopolio della produzione del diritto. E’ questo il dato dal quale partono i saggi raccolti in questo volume. Ciò che essi pongono a tema non è soltanto il senso delle trasformazioni che investono la produzione giuridica contemporanea, ma il modo attraverso il quale il diritto può essere pensato come una delle chiavi di volta di una nuova istituzionalità. Al centro del libro un dialogo tra Antoni Negri e Gunther Teubner: una discussione che esplicita una serie di nodi teorici di Impero, Moltitudine e Comune. E poi una serie di contributi di giuristi e studiosi del diritto che pongono a tema potenzialità e limiti del “costituzionalismo societale” e senza Stato di Teubner, discutono la nozione di “comune” e verificano sul terreno la tenuta dei concetti fondamentali del diritto: stato, proprietà, governo, rappresentanza, pubblico/privato, amministrazione, costituzione.
Gli autori
Giuseppe Allegri, Adalgiso Amendola, Alessandro Arienzo, Michael Blecher, Mauro Bussani, Pasquale Femia, Antonio Negri, Ugo Mattei, Gunther Teubner
Il curatore
Sandro Chignola insegna Filosofia politica presso l’Universita? degli Studi di Padova. È membro del Collettivo UniNomade fin dalla sua origine.
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