Ci rivolgiamo a tutti e a tutte; uomini e donne, precari e precarie,
native e migranti, lavoratrici e lavoratori dei call center, degli
aeroporti, dello spettacolo e della moda, dell’informazione e della
formazione, delle ricerca, delle cooperative sociali, della distribuzione.
Ci rivolgiamo agli operai e alle operaie, delle fabbriche e dei servizi,
agli studenti, alle associazioni, ai centri sociali, alle mille forme di
resistenza e
di autorganizzazione che ri-generano i territori e le metropoli
martoriati dal vampirismo neoliberista.
La precarietà picchia duro, nel lavoro e nella vita. Non è “sfiga”. Non
è cosa passeggera. Non è un problema sociale tra gli altri ne’ un titolo
di un giornale. Non è semplicemente la perversa proliferazione di
contratti atipici ne’ un dazio che le giovani generazioni sono
costrette a pagare per entrare nel mercato del lavoro.
È il modo
contemporaneo di produrre la ricchezza, di sfruttare il lavoro, di
asservire ogni stilla della nostra vita al profitto delle imprese. La
precarizzazione è la crisi della rappresentanza politica e sindacale del
lavoro e nel sociale, e segna un punto sulla linea del tempo rispetto al
quale non si può tornare indietro. È il punto da cui è necessario
ripensare e
sperimentare nuove forme e strategie di lotta; contro lo sfruttamento,
le gerarchie e le povertà.
Una lotta che parli chiaro e a voce alta,
perché ricca di tutto ciò che la precarizzazione nega e riduce al
silenzio.
Negli ultimi anni, l’EuroMayDay ha costruito, in Italia e in Europa, uno
spazio politico e sociale, condiviso, in cui la presa di parola e il
protagonismo dei precari e delle precarie, senza mediazioni e mediatori,
ha sperimentato forme inedite di visibilità, comunicazione e conflitto.
Ma la Mayday è un processo sociale che si evolve di anno in anno, per
tutto l’anno, e questa edizione, a Milano, rilancia a partire dal
protagonismo dei migranti.
Il lavoro migrante rivela i segreti della precarizzazione. Il controllo
dei confini produce gerarchie spesso razziste tra regolari e irregolari,
tra buoni e cattivi, criminalizzati dalle retoriche della guerra e
della sicurezza che servono solo a non parlare di coloro che di lavoro
muoiono, senza nessuna sicurezza.
La specificità dei migranti è vivere una doppia precarietà. Dentro e
fuori i luoghi di lavoro il legame tra permesso di soggiorno e contratto
di lavoro li ricatta, i Cpt e le espulsioni li minacciano costantemente.
La loro condizione riguarda però tutto il lavoro, è una leva
fondamentale della precarizzazione perché alimenta la frammentazione,
perché riduce gli spazi di libertà e le possibilità di lotta. Ma in
questi anni il protagonismo dei migranti ha prodotto esperienze
significative di lotta autonoma in nome della libertà di movimento.
Il primo maggio, a Milano, vogliamo condividere questa forza,
amplificarla, congiungerla con quella degli altri precari.
Condividere esperienze che sono transnazionali,
e che danno il segno di una May Day che attraversa l’Europa
da Aachen/Aquisgrana a Berlino, Copenhagen, Hanau, Amburgo, Helsinki,
Lisbona, Madrid, Malaga, Maribor, Napoli, Palermo, Terrassa, Vienna… e
va oltre, perché passa per la Tokyo MayDay in Giappone, e si collega
alla manifestazione dei migranti negli Stati Uniti del prossimo primo
maggio.
Vogliamo costruire una long/larga/lunga MayDay che sappia porre un
confronto serrato e continuativo, fra tutte le realtà lavorative,
sociali, sindacali che lottano, ogni giorno, in ogni dove, contro la
precarizzazione, sulle tematiche che da sempre hanno caratterizzato
l’idea del primo maggio precario: la continuità di reddito intesa come
un nuovo orizzonte delle politiche rivendicative, del welfare e la
trasformazione del protagonismo precario e migrante in un conflitto
nuovamente diffuso ed incisivo.
La precarizzazione, lo ripetiamo, picchia duro e segna una discontinuità
profonda con il passato. E’ un equilibrio sapiente fra ricatto e
consenso e agisce sul sociale in modo diverso, dividendoci e
confondendoci. Atomizza le nostre vite e saccheggia i territori e le
metropoli in cui viviamo.
Milano è fresca di nomina per l’Expo 2015. Tremiamo pensando alle
conseguenze di ciò: l’orgia bipartisan dell’orgoglio nazionale di
speculazioni ed appalti allestirà il palcoscenica nascosto per lo
sfruttamento intensivo di lavoro precario e migrante in un’oscena
colata di cemento.
Non ci sono dubbi, siamo incompatibili con tutto ciò:
se questa è una vetrina che lo sia della nostra capacità di conflitto e
di un’idea di valorizzazione delle nostre vite ben differente Di questo
si discuterà nelle Fiere Precarie che precederanno, attraverseranno e
seguiranno la parade mettendo a confronto esperienze di autoproduzione,
di cooperazione e di condivisioni dei saperi.
Let’s MayDay,
Milano, primo maggio,
Porta ticinese, ore 15.00
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