Il mondo che conoscevamo solo fino a qualche anno fa è crollato davanti ai nostri occhi. La situazione italiana lo mostra in modo evidente. Il tessuto sociale è andato in mille pezzi.
C’è però la possibilità che dalla rottura di questi legami si crei energia e si sprigionino nuove forze dalla rivendicazione di bisogni e desideri.
La Mayday nasce da qui. Qui trova ogni anno la forza per prendere e farsi prendere per mano da decine di migliaia di persone, come è accaduto il 1 maggio 2013.
Una Mayday che, da sempre, assorbe quanto le accade intorno e per questo muta.
Soprattutto in questi ultimi anni, così difficilmente ascrivibili in esperienze già vissute. Prima hanno provato a sedarci con la logica dell’austerità, facendo saltare ogni livello della rappresentanza; ora ci riprovano con la logica della pacificazione nazionale, con il risultato di sancire definitivamente la distruzione di ogni patto sociale e quindi legittimare da una parte lo smantellamento totale del sistema di welfare e dall’altro favorire l’estensione della condizione precaria a tutti i settori della popolazione.
Quest’anno la nostra narrazione ha preso di mira la trasformazione neoliberista dei territori, esemplificata a Milano e in Lombardia da EXPO 2015. Un grande evento capace di ridisegnare politiche territoriali, finanziarie e lavorative. Un avamposto ideologico del capitale, un precipitato che sottende gestione mafiosa e affaristica dei finanziamenti pubblici, sbancamento di territori vivi e politiche aziendali volte a imporre ai lavoratori condizioni di ricatto, che durante questa Mayday abbiamo riassunto in tre parole -debito, cemento, precarietà- e in un carro comune, quello di apertura, chiassoso, comunicativo e militante, caratterizzato dalla rilettura del Monopoli nella versione critica improntata su EXPO a Milano chiamata Expopoli(s).
La Mayday013 ha articolato vertenze lavorative e lotte territoriali reali, costruendo una piattaforma concettuale e di conflitto che vuole arrivare al 1 maggio 2015, giorno di apertura dei cancelli di EXPO. E lo fa cercando e trovando un nuovo percorso -oggi quartiere Isola-Porta Nuova, domani i cancelli di EXPO- nuove parole e la partecipazione di una massa critica tale da non poter venire ignorata.
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