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Il Movimento 5 Stelle è il vincitore delle ultime elezioni, e con un programma molto chiaro che mette al primo posto il reddito garantito. L’effetto di questo risultato sembra più importante del recupero berlusconiano e della debacle del Pd. A sinistra, nelle vere sinistre, se ne è parlato tantissimo, ma in modo molto approssimativo.
Sulla questione delle elezioni e sul parlamento noi la pensiamo un po’ come sulla religione: chi ha voglia di votare lo fa in coscienza, come chi ha voglia di pregare. L’importante è che il tutto non cancelli la vera sfera pubblica, la politica che conta, ovvero la partecipazione diretta delle persone.
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Quello che sta per iniziare è un mese di assoluto rilievo per ciò che concerne la lotta alla precarietà. Andiamo in ordine.
Il 9 di aprile ci sarà l’iniziativa “Il nostro tempo è adesso”, indetta da una serie di associazioni e realtà precarie e spalleggiata con forza dalla Cgil che ha messo a disposizione i suoi mezzi e le sue strutture. Dal 15 al 17 a Roma si terranno gli Stati generali della precarietà, patrocinati da San Precario, l’icona pop dei precari e delle precarie. Gli Stati generali giungono alla terza edizione è sono l’espressione più verace delle lotte autorganizzate dei precari e delle precarie. È una grande fucina di idee che riunisce comitati, realtà in lotta, gruppi grandi e piccoli, e una miriade di precari e precarie che si muovono più o meno coordinati a partire dal lavoro, dal sociale o dalla rete.
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23 marzo 2011 – Il Manifesto
Il mercato editoriale non vive certo un momento d’oro ma quello che è successo ieri in una delle librerie la Rinascita a Roma – storico brand del Pci che oggi ha cambiato proprietà – rende perfettamente il disagio di tanti precari metropolitani impiegati nell’industria culturale. Durante la presentazione del libro sulle vittime dell’amianto a Casale Monferrato – La lana della salamandra, del giornalista di «A» Giampiero Rossi, edizioni Ediesse (ne parleremo nei prossimi giorni) – un gruppo di giovani del movimento «Punti San Precario» ha fatto irruzione nella libreria di via Savoia, contestando la presenza di lavoratori in nero all’interno della Rinascita. Alla presentazione era invitata anche la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso, che è stata fatta bersaglio di contestazioni quanto e più della stessa libreria.
Urla contro Camusso e contro la Cgil, colpevoli, secondo i contestatori di «non garantire i precari» e di «tutelare solo i pensionati»: la segretaria, in particolare, è stata accusata di «presenziare a un evento in una libreria dove sono impiegati lavoratori in nero». I toni erano accesi, al movimento dei precari hanno replicato alcuni dei dipendenti della libreria, spiegando che certamente la situazione è difficile ma che al momento non ci sono persone senza contratto nei punti vendita. La segretaria Cgil ha detto di non essere a conoscenza dei rapporti di lavoro all’interno delle librerie e della vertenza, e ha aggiunto: «È legittimo che i lavoratori che vogliono tutelarsi si rivolgano a un sindacato come a un movimento dei precari, ma da noi a quanto io sappia non sono mai venuti: li invito pertanto a far conoscere alla Cgil, o all’organizzazione che ritengono più utile, i loro problemi, e una soluzione la cerchiamo sempre».
Tentiamo di ricostruire i fatti per capire come mai si sia arrivati allo scontro di ieri. Sul blog indipendenti.eu, qualche tempo fa è uscita un’intervista a un lavoratore anonimo delle librerie della Rinascita, che si era rivolto ai Punti San Precario lamentando un arretrato di ben 6 mesi di stipendio, peraltro lavorati in nero. Questo precario raccontava che nelle tre librerie di Rinascita (oggi rimaste due dopo che una ha chiuso) lavorano «circa 30 persone», «la maggior parte delle quali non riceve lo stipendio da mesi pur continuando a lavorare quotidianamente». Molti di questi giovani, dunque, per far fronte ad affitti e bollette, sarebbero costretti a fare «lavoretti extra», dal call center al ristorante, e rimarrebbero nelle librerie «perché credono nel progetto culturale che vi sta dietro». L’intervista è stata ripresa due giorni fa dal Fatto, e la pubblicità ha moltiplicato i malumori.
Abbiamo parlato con l’attuale proprietario delle librerie, Massimiliano Iadecicco. «È vero – ammette – viviamo un momento di grande difficoltà. Ho dovuto chiudere un punto vendita, dove lavoravano 6 persone, e ne ho potute riassorbire soltanto 2. Non è vero però che ho 30 addetti. I dipendenti sono 14: 12 a tempo indeterminato e 2 a tempo determinato. È vero, ed è stata una mia leggerezza, che dopo la chiusura di una libreria ho tenuto in tutto 4 collaboratori, 2 da settembre scorso e 2 da gennaio, non in nero ma in prestazione occasionale. Tirata un po’ troppo per le lunghe, ma mi ripromettevo di riassumerli». Angela Bruno, una delle dipendenti, conferma che «oggi non abbiamo persone non contrattualizzate ma è vero che ci sono stati 4 collaboratori che hanno ragioni di disagio. Tutti noi siamo in ritardo con gli stipendi in media da tre mesi, ma questo non ci impedisce di continuare a lavorare: abbiamo condiviso con la proprietà un percorso di riorganizzazione, in attesa speriamo della stabilità». Iadecicco e i dipendenti incontreranno i Punti San Precario lunedì prossimo, per un dibattito pubblico, alla libreria di viale Agosta 36, alle 16.
di Antonio Sciotto
San Precario denuncia i precarizzatori di Librerie Rinascita e la segretaria Cgil tace.
22 marzo 2011: accompagnsati dal chiarissimo slogan “Sciopericchio del 6 maggio, si può fare di più. Voglia di sciopero precario” i Punti San Precario sono entrati nella Libreria Rinascita di via Savoia 30 a Roma, durante la presentazione del libro “La lana della salamandra”. Fra i relatori, la segretaria generale della Cgil cui precarie e precari hanno chiesto di prendere parola sulle condizioni lavorative nelle Librerie Rinascita, già denunciate pubblicamente: impieghi al nero, non pagati da mesi, licenziamenti senza preavviso come in via Ostiense.
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Gli anni della spoliazione
Finisce l’era di Guglielmo Epifani alla CGIL e si apre quella di Susanna Camusso che, da un paio d’anni, è stata quasi ospite fissa dei Talk Show dove si è distinta per una esposizione soft delle sue ragioni e per l’accortezza nell’evitare lo scontro o le situazioni sgradevoli. La ribalta televisiva le ha permesso di distanziarsi enormemente da tutti i possibili concorrenti.
E’ paradossale ma è così : il lascito di Epifani è di una CGIL più forte ma abitata da milioni di lavoratori e pensionati più poveri, socialmente in difficoltà, indeboliti dal continuo ossessivo salasso di diritti. Come si spiega il rafforzamento della organizzazione e l’impoverimento dei suoi iscritti? Epifani è stato scaltro, molto scaltro, nell’oggettivazione delle sconfitte, nel farle derivare o da un cambiamento naturale ed irresistibile della situazione (globalizzazione, crisi industriale..) oppure da una condizione socio-politica sfavorevole (governo di centro-destra) e mai da responsabilità soggettive della CGIL . Il dogma dell’unità sindacale è servito allo scopo. . Il mito della CGIL di Di Vittorio nel cuore dei lavoratori ha fatto il resto. I lavoratori non vogliono ancora credere o riconoscere che la CGIL possa fare qualcosa che non sia a loro favore. Temono di dover constatare di essere soli, di non avere nessuno che li difenda.
In effetti, l’impoverimento e la perdita di peso dei lavoratori è legata alla vittoria del centro destra ma anche alla conversione al liberismo del PD e della stessa CGIL. In qualche modo la CGIL è stata la “dote” che il PD ha portato e porta alla Confindustria per il sostegno che questa vorrà accordargli nel dopo Berlusconi. C’è stata molto sincronia tra PD e CGIL nella inesorabile opera di demolizione dei presidi fondamentali del diritto al lavoro ed al welfare. Gli accordi con il governo Prodi sul precariato e sulle pensioni poi ancora ribaditi con questo governo hanno ridotto di molto i diritti e svuotato la pensione. La riduzione di trecentomila dipendenti dalla pubblica amministrazione non è stata contrastata dal PD e neppure dalla CGIL in nome della efficienza, della produttività e della modernizzazione dell’apparato pubblico. Il licenziamento di duecentomila precari dalla scuola non ha turbato molto né Epifani né Bersani. Certo, gli scioperi ci sono stati ma non sono mai diventati né mai hanno assunto il carattere di una vera difesa della scuola pubblica come é accaduto ed accade in Francia. Il PD ha votato contro il collegato lavoro che riduce a malpartito lo Statuto dei diritti e privatizza la giustizia del lavoro. Ma non ha fatto le barricate che Bersani promette contro il lodo Alfano! La CGIL ha lasciato fare, ha commentato negativamente il testo di legge, ma in due anni di sua permanenza in Parlamento non ha mai fatto realmente nulla di significativoo e di utile per fermarne l’approvazione nonostante i giudizi scandalizzati dei giuslavoristi italiani! Il PD vuole che
la CGIL ritorni all’ovile dopo l’accordo separato Cisl ed UIL sul contratto di lavoro e sulle deroghe. In effetti, la CGIL non ha firmato ma ha pretesto di assistere alla firma (sic!). Ha fatto da palo e poi ha fatto filtrare l’accordo separato attraverso le categorie. Dopo il 16 ottobre si è affrettata a fare l’accordo di Genova e poi a firmare un Patto Sociale non solo con Confindustria ma anche con il Governo (se questo non tira le cuoia prima del tempo).
Il regno di Epifani ha registrato l’avvento della legge Biagi e poi la sua estensione praticamente a tutti i nuovi assunti. Milioni di giovani lavoratori sono stati precarizzati e ridotti in miseria da paghe inferiori ai minimi salariali anche del quaranta per cento. La legge Biagi è applicata all’interno della CGIL a migliaia di suoi dipendenti del cosidetto “apparato tecnico”. L’ossatura organizzativa della CGIL e delle sue categorie. Conosco casi di giovani magari con due lauree utilizzati dalla CGIL con 700 euro al mese in incarichi di delicata responsabilità esecutiva. Mai assunti direttamente dalla CGIL ma da compiacenti altri organismi che poi li distaccano. Questa realtà dei salari dei nuovi assunti ha calmierato al ribasso tutta la massa salariale italiana come riconosce la stessa CGIL . Nel decennio 2000/2010 si calcola una perdita di circa 5500 euro sui salari anni, una perdita che ha reso difficile la vita delle famiglie e depresso l’economia italiana.
I lavoratori hanno perso molti dei loro diritti e sono tra i più poveri dell’OCSE. In quanto a diritti oramai siamo in fondo a tutte le classifiche, credo che il diritto del lavoro serbo o
polacco sia già migliore del nostro. A questo bisogna aggiungere il peggioramento dei servizi esterni ed il loro rincaro dovuto in grande parte alle privatizzazioni alle quali la CGIL non si è opposta perchè sostenute anche dal PD. Il grande sindacato che fu di Di Vittorio ha assistito quasi inerte alla riduzione in schiavitù di milioni di immigrati specialmente nelle campagne dove le loro condizioni di vita sono state e sono davvero disumane.
Non ho dubbi che la spoliazione continuerà e si intensificherà con Susanna Camusso. Il diritto di sciopero è nel mirino di personaggi come Bonanni ed Ichino che ne reclamano una regolamentazione che di fatto lo abolisce come diritto individuale. Il fatto che gli scioperi generali sono sostituiti da manifestazioni nazionali che si svolgono solo di sabato
(anche quella recente della Fiom) fa temere di una sorta di tacito accordo di autolimitazione. Continuerà il processo di demolizione del contratto collettivo di lavoro e non a favore di contratti di area europea che pure sarebbero indispensabili per fronteggiare le delocalizzazioni ma di accordi personali o locali tipo Pomigliano. Arriveranno anche sorprese sgradevoli dall’INPS e dall’INAIL per l’uso che farà il governo delle deleghe ottenute con la 1441(collegato lavoro). Cambieranno natura giuridica ed i privati aumenteranno il loro peso.
Naturalmente, negli anni di Epifani la CGIL si è gradualmente ma definitivamente “liberata” della sua cultura pacifista ed antiimperialista. Non partecipa da un pezzo, come il PD, alle manifestazioni per la pace tranne quella del tutto anodina della marcia di Assisi. Ha ridotto il suo impegno a favore della Palestina al sostegno di Abu Mazen ma per il resto è diventata assai filoisraeliana. Si è distanziata di molto dalla esperienza dei no global e dei centri sociali che sono ignorati oppure osservati con diffidenza. E’ diventata molto filooccidentale. Sostiene la campagna per la liberazione di Sakineh ma non ha speso una parola per l’uccisione di Teresa Lewis e la prossima esecuzione di altre cinquantadue donne negli USA.
La CGIL non ha alcun rapporto con il sindacalismo di base che pur ha natura profondamente classista e di sinistra ed è costituito da dirigenti che provengono in gran parte dal suo stesso seno.
Oramai è stretta in un reticolo di accordi e di interessi con Cisl UIl ed associazioni padronali. La politica anticlassista della sussidiarietà la sta ponendo gradualmente ma inesorabilmente in una sfera in cui i suoi interessi non coincidono più con quelli dei suoi iscritti.
Pietro Ancona
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