Sinistra unita per riscrivere la 30

dal Manifesto 09 febbraio 2007

Rifondazione, Pdci, Verdi e sinistra Ds sostengono la proposta Alleva: unità  che ha anche un valore politico. Si apre il confronto nell’Unione. Il ministro del lavoro: il flessibile costi più dello stabile
Antonio Sciotto
Roma


La sinistra si ritrova nella proposta di riscrittura del mercato del lavoro del giuslavorista Nanni Alleva. Ieri al Senato una conferenza stampa congiunta dei capigruppo di Rifondazione comunista, Pdci, Verdi e sinistra Ds dell’area Salvi ha sancito un primo fronte unitario della cosiddetta «sinistra radicale», e su un tema per nulla secondario: il lavoro. Come ha spiegato Maurizio Zipponi, di Rifondazione, «con la proposta Alleva si mette da parte la diatriba su "abolizione", "abrogazione" o "modifica" della legge 30. Abbiamo un testo che presentiamo a tutta la coalizione e che può realizzare quanto scritto nel programma dell’Unione: superare la legge 30 per rimettere al centro il lavoro e il rapporto a tempo indeterminato». Il testo Alleva è già  depositato per l’iter alle Camere e vanta già  un centinaio di firme tra deputati e senatori (tra l’altro c’è anche un firmatario della Rosa nel pugno, partito di solito su posizioni ultra-liberiste): ora si apre al confronto con il resto dell’Unione, segnatamente con la «Carta delle  lavoratrici e dei lavoratori» che sta approntando il tandem Damiano-Treu e che dovrebbe rappresentare il manifesto
del lavoro del futuro Partito democratico. Ma ieri nessuno dei parlamentari ha lanciato «anatemi» contro l’altra parte dell’Unione, anzi al contrario l’approccio al dialogo è pragmatico e i rappresentanti dei «radical», pur non nascondendosi le difficoltà  del confronto, si dicono certi che si potranno trovare convergenze.
A presentare la proposta – che i lettori del manifesto dovrebbero già  conoscere – è stato lo stesso Alleva: «E’ fatta di 13 articoli – ha spiegato – abbiamo scelto apposta che sia breve, ma intensa. Vuole aggredire tutte le aree della precarietà , dimostrare che è possibile affrontarla e batterla. Per questo l’approccio è su più fronti, dalle parasubordinazioni ai contratti a termine, dalle esternalizzazioni e gli appalti al lavoro nero, fino al mobbing».
Il lavoro a progetto verrebbe superato grazie al nuovo concetto di «dipendenza socio-economica», non legando più la dipendenza e le sue tutele al mero comando gerarchico o al controllo degli orari, ma all’alienità  del lavoratore rispetto ai mezzi di produzione,all’organizzazione aziendale e al risultato, tutto in mano all’impresa. Solo nel caso in cui il lavoratore può controllare questi tre ultimi «manici», allora si potrà  definire autonomo. Sparisce così «una delle più tristi invenzioni italiane – spiega Alleva – il lavoro parasubordinato, unico caso in tutta Europa». Importante anche l’intervento sulle esternalizzazioni e gli appalti, stabilendo la responsabilità  in solido di committente e appaltatore e riconoscendo dunque al lavoratore la garanzia di conservare le acquisizioni contrattuali e il posto di lavoro anche in caso di cessione di impresa. Sul contratto a termine si stabilisce il ritorno a causali definite e tetti, la non ripetibilità  all’infinito ma solo un numero limitato in un tot di anni (tre), il diritto di precedenza per le assunzioni. Il lavoro nero viene definito «comportamento antisindacale», inducendo così il sindacato a costituirsi parte civile.
Ai parlamentari è stato chiesto fino a che punto si potranno spingere i compromessi con il resto della maggioranza. I paletti, secondo il verde Natale Ripamonti, stanno nella tutela per tutti contro il licenziamento senza giusta causa, nell’equa retribuzione ed orario di lavoro, nella continuità  del reddito e delle prestazioni pensionistiche, nel diritto alla rappresentanza e all’agibilità  sindacale. Anche Cesare Salvi e Paolo Brutti, della sinistra Ds, appoggiano la proposta (l’area di Fabio Mussi per il momento non compare). Per Gianni Pagliarini, Pdci, «è una proposta aperta, che non fissa dei no, ma apre un confronto con la coalizione per la
realizzazione del programma».
Intanto il ministro del lavoro Cesare Damiano ha riferito in Commissione lavoro della Camera: ha esposto quanto fatto finora per fronteggiare la precarietà , dagli incentivi alla stabilizzazione in finanziaria fino alla circolare sui call center. Il ministro ha dato un’indicazione sulla sua impostazione: «Il lavoro flessibile deve costare più di quello stabile, ma non si deve cancellare la flessibilità  buona».

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