Piazze ribelli

Domenica 13 Febbraio San Precario è sceso in piazza, e si è gioiosamente mescolato alla marea di persone al grido dimissioni dimissioni!

Leggi il volantino!

A dire il vero molte erano le nostre perplessità, di fronte ad un appello che si diceva femminile ma che di femminista aveva poco. I toni, le stesse parole d’ordine, facendo leva sulla giusta indignazione per lo stato delle cose, spesso scadevano in contrapposizioni stile sante contro puttane che di femminista hanno ben poco.

E per chi da anni ha intrapreso un percorso di analisi e di lotta sulle questioni del femminile non era facile accettare alcuni dei cartelloni che si vedevano in piazza. la volontà di portare al centro della questione femminile temi come le disparità salariali, gli ostacoli nella carriera lavorativa, l’uso dei corpi femminili come strumento di valorizzazione delle merci, fino alla mercificazione del corpo stesso delle donne, si scontravano con cartelli tipo “mia sorella è incinta, Berlusconi richiamala!” che facevano a dir poco girare le ovaie.

Poi siamo arrivate in piazza, e qualcosa nella nostra percezione è cambiato. perchè tra quelle persone serpeggiava un sentimento che andava oltre la questione femminile. c’era molta ingenuità, ma era l’ingenuità di chi magari si trovava per la prima volta in piazza e sfogava la sua rabbia, tutta la sua rabbia, senza andare troppo per il sottile. Insomma, c’era aria di rivolta. poco importava il bassissimo livello politico espresso dal palco, peraltro impossibile da udire se si era appena più indietro di un centinaio di metri. in campo c’era un’altra politica, la politica del fare. O almeno quella del voler fare; qualcosa, qualsiasi cosa, a qualsiasi costo.

Ancora oggi ci stiamo chiedendo cosa sarebbe successo se qualcuno da quel palco avesse avuto il coraggio di dire: noi non molliamo finchè non mollano loro; abbiamo urlato la nostra dignità, adesso andiamo a riprendercela!.

È questo sentimento che ci ha travolto; e senza neanche accorgercene ci siamo trovate a urlare insieme agli altri, a improvvisare un piccolo corteo che è partito dietro lo stendardo di San Precario da Piazza Castello e si è gonfiato lungo la strada, al grido “Come in Egitto, facciamo come in Egitto!”, fino in piazza Duomo.

Insomma un sentimento che andava oltre le questioni fondamentali da cui partiva per riunire tutti e tutte in una volontà di agire potente e determinata. un agire al femminile, ma soprattutto un agire da persone libere, da cittadine, al di là di ogni tentennamento e freno imposto dal piedistallo della politica di (op)posizione.

In un Paese “degno”, di fronte alla potenza espressa dalle piazze di domenica, le forze della cosiddetta opposizione (politica e sindacale) si attiverebbero per tradurre tale forza in capacità politica di rovesciamento di questo governo, bloccando il lavoro delle commissioni parlamentari o indicendo uno sciopero generale. In questo strano Paese la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso parla invece dal palco di P.za del Popolo per ribadire come la “dignità” delle donne venga calpestata, senza fornire alcuna prospettiva futura nel campo che dovrebbe esserle proprio, ovvero quello del lavoro.

Ritroviamo dunque questa “dignità”: Facciamo come in Egitto!.

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