Intervista a Pisapia sul contratto con i precari

Nel mese di ottobre dell’anno scorso San Precario ha incontrato i quattro candidati alle primarie di Milano e ha sostenuto un confronto verace e vivace, privo di fronzoli e ricco delle esperienze che hanno agitato la Milano precaria negli ultimi dieci anni. Al termine dell’incontro i devoti di San Precario hanno sorpreso la platea proponendo ai candidati un contratto con i precari e le precarie composto da sette punti.

I candidati, chi prima e chi dopo, hanno firmato il contratto proponendo minime modifiche/correzioni. Tanti mesi sono passati da quell’incontro e  parecchie cose sono accadute in Italia e altrove. Fra i quattro candidati si è imposto Pisapia che ha battuto al primo turno la Moratti, e sta correndo per il ballottaggio. Intanto la precarietà picchia se possibile ancora più duro e la vita delle generazioni precarie è ancora più incerta e più ricattata. Fortunatamente la Mayday, il primo maggio dei precari e delle precarie, ha popolato di speranza le strade di Milano, e decine di migliaia di giovani e meno giovani hanno dimostrato che la rabbia e il protagonismo precario sono vivissimi.

Abbiamo rivolto a Giuliano Pisapia pochissime domande, sperando che questa breve intervista diventi un memorandum capace di ricordarci  quali sono le sfide che fin da domani ci aspettano (visto che non tutti i cambiamenti sono evoluzioni)

San Precario: Pisapia, ti ricordi del contratto con i precari?

Giuliano Pisapia: Mi ricordo del contratto, dell’assemblea e, soprattutto, mi sono sempre ricordato dei precari e delle precarie. Anzi, considero il tema della precarietà una questione prioritaria, specie in una città come Milano, anche se non è stato per nulla facile parlarne in questa campagna elettorale. Cioè, ne parlavamo soltanto noi, mentre il sindaco uscente e la sua coalizione hanno ignorato completamente la questione, così come peraltro hanno ignorato la maggior parte dei problemi che riguardano la vita quotidiana dei milanesi e delle milanesi. Hanno preferito buttarla in rissa, agitando bugie e diffamazioni contro di me e chi mi sostiene e tentando di attizzare le paure ed i rancori.

S.P. Cosa puoi dirci dei punti contenuti nel contratto?

G.P. Che in parte sono poi entrati a far parte del nostro programma, definito dal lavoro dell’Officina per la città e delle forze della coalizione. Ti faccio qualche esempio concreto. Anzitutto, per quanto riguarda la macchina comunale, c’è l’impegno di lavorare per la stabilizzazione dei precari e le precarie, di limitare drasticamente il ricorso alle consulenze esterne o ad altre forme di assunzioni clientelari e di puntare invece sulla valorizzazione delle competenze interne. Oppure, per quanto riguarda i contratti e gli appalti con soggetti terzi, con particolare attenzione anche all’Expo, l’impegno di non puntare sulla logica devastante del massimo ribasso, bensì inserendo criteri vincolanti per quanto riguarda la qualità del servizio e la sicurezza e i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici. Oppure, per fare un ultimo esempio, collocare Milano all’avanguardia in Europa in termini di offerto pubblica di servizi internet, a partire dall’accesso gratuito alla rete per mezzo di una rete Wi Fi.

S.P. Hai avuto dei ripensamenti nel frattempo?

G.P. No, soprattutto per quanto riguarda la mia convinzione che la lotta alla precarietà debba essere una delle priorità della mia amministrazione. Dall’assemblea di San Precario ad oggi la situazione sociale ed economica si è fatto ancora più difficile e, in particolare, le giovani generazioni sono costrette a vivere una precarietà a 360°. Un comune non può fare miracoli, specie in periodi di vacche magre, ma può e deve scegliere delle priorità. E, oggi, Milano ha bisogno, con drammatica urgenza, di ridare una speranza e un protagonismo ai suoi giovani. Cioè, invece di considerarli un problema, deve puntare su di loro. E questo significa, prima di tutto, fare i conti con la precarietà.

S.P.: C’è qualcosa che ritieni a differenza di ieri di non poter sostenere?

G.P. Il contratto è molto dettagliato in alcuni punti e il suo orizzonte temporale lo considero in 5 anni, come avevo detto già a novembre. Anzitutto, alcuni punti molto importanti sono stati accolti nel programma. Qualche altro punto, come i coprifuochi nei quartieri, è stato per fortuna superato dai fatti. Cioè, quelle terribili sciocchezze non sono durate nemmeno fino alle elezioni. Altri punti ancora li considero ricompresi nelle linee di indirizzo del programma, ma occorrerà ancora individuare gli strumenti concreti di attuazione. E, infine, c’è la questione dell’Expo, dove ereditiamo una gestione disastrosa e probabilmente una situazione finanziaria compromessa. Rinchiuderla dentro i padiglioni della Fiera, come peraltro avevo detto già a suo tempo, mi pare poco realistico, ma l’obiettivo di ridurre radicalmente il consumo di suolo rispetto all’ipotesi Moratti c’è nella maniera più assoluta e trasparente.
Infine, posso aggiungere io un punto?

S.P. Prego

G.P. Quel “contratto” non è un fatto burocratico o una delega. È un impegno che riguarda me, quando sarò sindaco, e riguarda voi, San Precario e tutti quelli e tutte quelle che condividono le aspirazioni contenute nel “contratto”, che si mobilitano alla MayDay o che si battono ogni giorno contro la precarietà. A Milano è già in atto un cambiamento, l’abbiamo visto con la grande partecipazione in questa campagna elettorale. Anche dopo ci sarà un grande bisogno di partecipazione, dialogo e confronto, perché senza questo il cambiamento non potrà esserci. Quindi, conto sul vostro contributo!

E quindi queste sono le risposte che Pisapia ci ha dato a sette mesi di distanza.  Abbiamo ricordato il contratto con i precari con questa intervista perchè per noi è chiaro che Milano, la capitale della precarietà, è un’idra a molte teste e non sono certo sufficienti le promesse di un candidato sindaco o le speranze del popolo precario per cambiare la situazione. Questo contratto contrariamente a ciò che dice Pisapia  non è una delega, abbiamo imparato in dieci di precarietà selvaggia a contare solo sulle nostre forze e a non crrdere nei cambiamenti caduti dall’alto. Per questo siamo convinti che sia necessaria una grande stagione di mobilitazioni, conflitto, creatività che segni una discontinuità profonda con le politiche che hanno portato la precarietà a dilagare nel sociale, nei territori e nella vita di ognuno di noi.

Questa stagione non può che nascere dall’intelligenza dei precari stessi, non esistono scorciatoie basate sulla fiducia nella burocrazia e neppure una rassegnata speranza nell’attesa di tempi migliori. Il comune di Milano non ha tutte le competenze per affrontare la questione precarietà, certamente, ma ciò che può essere fatto in loco potrebbe essere importante. Per questo, visto il ruolo che riveste la metropoli milanese nell’economia nazionale, il contratto con i precari ha un significato di carattere generale.

Il contratto con i precari quindi non rappresenta un accordo o un atto di fede verso ciò che farà una possibile nuova giunta milanese. Piuttosto ricorda che il contenzioso si è aperto in mdo definitivo e dietro non si torna: Milano deve restituire alle generazioni precarie ciò che ha rubato loro (vita, dignità, futuro) per arricchire pochi, dananti avvoltoi. Da questo contratto parte la tenzone di Milano, e in caso di vittoria del centrosinistra noi faremo il possibile per farlo rispettare. È iniziata la disfida di Milano…

Questa intervista è stata pubblicata in origine il 27 maggio 2011 sul nostro blog sul Fatto Quotidiano

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