, quotidiano di Niki Grauso con 15 edizioni in altrettante città
italiane, sembra prossimo a chiudere i battenti: fine della corsa per 130
giornalisti, la maggioranza con contratto a termine, e per 300
collaboratori, tra scriventi e fotografi. I giornalisti precari, e i precari
tutti, che collaborano al free press City of Gods sanno bene di che cosa si
tratta. Il mercato del lavoro italiano si basa su una regola generale,
semplice ed efficace: prendi un precario, trattalo male, lascialo ad
aspettare la (magra) paga per mesi. Poiché non ha alternative (o così o
pomì) ti vorrà bene lo stesso, ti sarà fedele, si sbatterà per darti di più,
metterà a disposizione il suo sapere, la sua fantasia, la sua vita tutta
intera.
Più la situazione è instabile, fragile, scivolosa – ovvero più
aumentano gli stati di crisi, la chiusura di testate, le cessioni – più il
giornalista diverrà duttile, ragionevole, disponibile. E il collega assunto,
quello che ha ancora una scrivania, imparerà una lezioncina anche lui/lei e
sarà, a sua volta, un po’ più silenzioso, ragionevole, disponibile. Il
mercato dell’editoria, poi, è sempre più strozzato dagli inserzionisti, così
invadenti da snaturare la notizia, con il bene placido degli editori.
Mica male la situazione dell’informazione in Italia, che ne dite? Tra
ricattati e depressi, si allarga il terreno fertile per quei
"professionisti" che, visto lo stato dell’arte, decidono subito "la
posizione" adeguata, quella che gli dicono di prendere: chiamasi anche
"informazione di qualità".
Non ci stupisce affatto questo nuovo caso, dunque. Un editore, l’ennesimo,
che taglia, fallisce, chiude, molla. Il panorama editoriale italiano è
costellato di storie simili. Piccole, che non fanno notizia, grandi, per le
quali ci si indigna un po’ ma poi, alla fine, il risultato è il medesimo:
tutti a casa. Così si ingrossano le fila dei disoccupati, i giornalisti che
avevano un contratto a tempo
indeterminato si trasformano in collaboratori, l’area dei "lavoratori
autonomi", già ricchissima di giovani e talentuose risorse umane che stanno
tutte lì, si allarga un altro po’. Mancano le alternative (oddio, mi è
scomparso il futuro!). Nel frattempo, gli editori si fregano le mani. Usano
e gettano, a piacimento. E questo stravagante governo di centro sinistra da
un lato si costerna e rilascia dichiarazioni bellicose – anche sul fatto
specifico – ma di fatto progetta ipotesi di riforma del mercato del lavoro
che non modificano la situazione, neppure vagamente.
Per rompere il silenzio assordante che ammanta questa realtà conclamata
abbiamo inventato un giornale, autofinanziato, autoprodotto, autogestito,
City of Gods (city.precaria.org). Nonostante le difficoltà del progetto,
episodi come quello di Epolis ci fanno credere con ancor più forza che per i
giornalisti precari, e per i precari tutti, sia fondamentale avere a
disposizione uno strumento informativo davvero libero, uno strumento per
spiegare che cosa c’è dietro, per narrare le nefandezze degli editori, le
debolezze del sindacato, le proposte alternative che i precari hanno da fare
(e sono tante).
Per queste ragioni e per altre che sarebbe troppo lungo mettere per iscritto
ora, i giornalisti precari, e i precari tutti, che collaborano a City of
Gods, sono solidali con i giornalisti e i collaboratori e i fotografi di
Epolis. Viviamo, abbiamo vissuto, la stessa storia, la conosciamo bene.
Pensiamo, però, che esista uno spazio, anche se stretto: in questo luogo,
raggiungibile da tutti purché lo si voglia, è possibile riprendersi la
propria vita in mano e cominciare a raccontarne e a costruirne un’altra, di
storia.
City of Gods
Free&free press precaria
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