Comunicato n° 1. Testosterone partout, justice nulle part

Comunicato n° 1
Testosterone partout, justice nulle part

Al termine della MayDay di Milano, il primo maggio scorso, è
avvenuto un fatto gravissimo: l’abuso di un uomo su una donna. Come
uomini e donne che partecipano al processo di costruzione della MayDay,
ci sentiamo direttamente coinvolt* in quello che è successo e siamo
rimasti colpiti nel cuore dal fatto che sia accaduto in uno dei nostri
spazi. Anzi, in quello che per noi è uno degli ultimi spazi residui di
libertà ed espressività della città di Milano.

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May Day e Media: S.o.s.

Mai come quest’anno la May Day è arrivata sulle prime pagine di giornali e nei TG. Peccato che il miracolo sia avvenuto solo per sputtanarla. Tralasciando lo sproloquio sulla violenza e le scritte, sui ravers e lo sballo, i contenuti della May Day non sono minimamente passati.

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Cultura nel cesso

Se un giorno un milanese qualsiasi cominciasse a chiedersi… Che fa il Comune di Milano per i cittadini? Che fa il sindaco a parte le comparsate nei programmi di intrattenimento in TV? Oltre ad andare in giro per il mondo a vendere un Expo per cui ancora non è stato posato un mezzo mattone?

L’impegno incredibile profuso dal sindaco (e solo dal sindaco) ed il suo lavoro instancabile per questo evento può portarci a pensare che, oltre alle speculazioni finanziarie miseramente fallite (operazione derivati per cui l’ex city manager Porta ed il consulente Mauri sono indagati), l’amministrazione ha a cuore anche altre attività produttive di questa città?

Se così fosse noteremmo importanti variazioni nella struttura comunale, un cambio di rotta in grado di creare una discontinuità col passato fatto di inerzia e di giochetti finanziari firmato Albertini e De Corato. Ma non è così.

A riprova di ciò la situazione in cui versano il settore delle politiche sull’occupazione e sulla formazione, un campo cruciale per una città che vuole rimodernarsi. In primo luogo è stato accorpato all’assessorato delle Attività Produttive, quello che dovrebbe difendere e promuovere le imprese del territorio. Un po’ come se il ministero dello Sviluppo economico fosse accorpato al ministero del welfare, un po’ come se le imprese avessero gli stessi interessi e le stesse esigenze di chi ci lavora. Fino al mese scorso anche il Sindaco stesso possedeva più deleghe fra cui il bilancio, col risultato di avere dei conti pubblici che non permettono nemmeno di coprire le spese programmate (fra cui le linee metropolitane 4 e 5). La stessa scusa della crisi, la stessa scusa dei conti pubblici che non vieta all’amministrazione di dar vita ad iniziative eccessivamente costose (come l’imbarazzante opera di piaggeria messa in scena il giorno della visita degli ispettori Expo o la pioggia di denaro in favore di dirigenti e consulenti condannata dalla Corte dei Conti), ha invece convinto il Comune a tagliare le già misere politiche del Lavoro. E’ stato chiuso il fallimentare Sportello Biagi nato da un accordo fra Comune, Cisl e Uil che doveva offrire una risposta al problema precarietà in questa città, risposta che questi 3 attori a questo punto hanno il dovere di illustrare pubblicamente.

Dopo aver chiuso lo Sportello, punto di incontro fra aziende e aspiranti lavoratori che in 4 gloriosi anni pare esser riuscito a trovare il posto ad una trentina di persone, l’amministrazione ha creato recentemente uno sportello simile in cui si svolge un lavoro di “orientamento dell’aspirante lavoratore”. In pratica si aiuta il disoccupato a compilare il proprio personale curriculum e gli si fa passare una giornata diversa dalle altre, seppur totalmente inutile. Anche questo Sportello è al capolinea, il precedente assessore Mascaretti, giudicava per questo lavoro “più adatti i privati” e questo nuovo corso (assessore Terzi, a curriculum assessorato dello Sport e Giovani) vuole puntare esclusivamente sulla ricerca nel campo dell’orientamento al lavoro e del welfare, ruolo che in mancanza di una struttura in grado di venire incontro agli aspiranti lavoratori, può solo essere o vago ed inconcludente (come è stato lo Sportello Biagi) o ad uso e consumo delle aziende.

Una scelta che con ogni probabilità beatificherà il sistema di welfare meneghino: non un euro, niente stabilità per i precari e pane e acqua per i disoccupati, a spese della diocesi. Per il resto la giunta comunale vi consiglia di affidarvi a dio, a suo fratello il dio mercato che continua a far quello che vuole o in alternativa ai propri nonni e alle loro pensioni.

Non svolgendo al lato pratico alcuna funzione per quanto riguarda la ricerca di un impiego (situazione assolutamente plausibile se si pensa che la stessa amministrazione ha lasciato a casa e tuttora non ha stabilizzato, unico ente locale, decine di lavoratori precari a tempo determinato che, ai fini della legge sulla stabilizzazione dei precari del pubblico impiego, ha diritto non dal 2008 ma già dal 2007 ad una stabilizzazione) il Comune almeno si occuperà di formazione? Macchè! Anche gli storici corsi di formazione del Comune sembrano giunti alla fine del percorso e già da luglio potrebbero confluire allo stesso modo delle scuole civiche (Cinema, Musica e Lingue, già esternalizzate da tempo) all’interno di Fondazione Scuole Civiche (nella quale l’amministrazione disinveste e non riesce a trovare soggetti privati che vogliano investirci, ma perché dovrebbero? La scuola di interpreti privata collegata all’università IULM ha acquistato prestigio e clienti proprio dopo l’abbandono del Comune della sua storica scuola di interpreti). All’interno di questi corsi di formazione insegnano docenti appena stabilizzati che ora rischiano nuovamente di ripiombare nel mondo della precarietà mentre gli utenti, a quel punto a gara con gli stessi insegnanti per chi è più precario, dovranno accontentarsi di partecipare solo ai corsi in grado di auto sostenersi.

Dulcis in fundo: il Coordinamento ora in via Bergognone proprio in settimana dovrebbe trasferirsi in Via D’Annunzio 15

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Expo 2015? A Malano

E’ passato più di un anno dalla notte parigina in cui Milano si è aggiudicata l’Expo 2015.

Il 9 aprile 2009, giusto in tempo per la registrazione all’Esposizione Universale, mancata la quale la nomina di Milano expo 2015 decadrebbe, è stato designato il nuovo consiglio di amministrazione di EXPO spa, la società cui spetta l’organizzazione del prestigioso evento.

Il braccio di ferro tra gli azionisti per il controllo della società è stato durissimo. Silvio Berlusconi, che in un primo momento aveva dato carta bianca al Sindaco Moratti per l’organizzazione societaria, si è poi arreso alla somma di poteri che tiravano il suo doppiopetto. In primis, il suo ministro del Tesoro, Giulio Tremonti , che con la Moratti non ha mai avuto un buon rapporto e una buona parte del Pdl, che per ovvi motivi preferiva un uomo politico; seguiti da Roberto Formigoni, Presidente della Regione, a cui poco piaceva l’idea di un uomo troppo vicino agli interessi di Palazzo Marino; infine la Lega, che auspicava fosse un suo uomo ad occupare una posizione decisionale nell’evento Lumbard per eccellenza.

La lotta, senza esclusioni di colpi, si è conclusa con una sconfitta del Sindaco Moratti, che ha dovuto rinunciare al suo favorito, Paolo Glisenti.

Lo racconta lui stesso in un’intervista rilasciata all’Espresso. E’ bastata una telefonata, il veto del governo e la richiesta di toglierlo di mezzo. Lui e il Sindaco volevano persone capaci scelte per il curriculum, più che per la fedeltà politica. Ma la logica che ha prevalso è stata quella del potere. 

Glisenti, 57 anni, giornalista , dirigente d’azienda ed ex Responsabile delle relazioni Istituzionali del Comune di Milano, è stato il fido braccio destro del Sindaco durante l’avventura progettuale di Expo ed erano davvero in pochi a pensare che proprio il papà della creatura Expo, sarebbe stato estromesso dall’affare.

Invece, proprio nel corso dell’ultima riunione, gli azionisti di Expo spa (Il Tesoro possiede il 40%, Comune e Regione il 20%, Provincia e Camera di Commercio il 10%) hanno archiviato definitivamente la candidatura di Glisenti ed eletto Lucio Stanca, nuovo amministratore delegato. Il Nuovo consiglio di amministrazione è ora così ripartito: Diana Bracco, Presidente della società, a rappresentare la camera di commercio; Leonardo Carioni al posto di Angelo Provasoli, a rappresentanza del Ministero del Tesoro; Paolo Alli per la Regione Lombardia e Enrico Corali per la provincia.

Stanca, ex ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, assume la doppia carica di amministratore delegato e vice presidente della società. Sulla carta, rappresenta il Comune, ma fondamentalmente è un uomo del Governo. Eletto alla Camera dei Deputati nelle liste del Pdl, ora la sua situazione di neo amministratore delegato è al vaglio della commissione per le Elezioni della Camera. Se quest’ultima non decreterà l’incompatibilità delle due cariche, l’Onorevole Stanca dovrà faticosamente dividersi tra Roma e Milano. La concentrazione di cariche e i compensi da capogiro hanno alimentato in queste settimane i malumori e critiche in ogni ambiente politico: dal Consiglio Comunale e finanche dal centrodestra. Intanto, notizia dell’ultima ora, Stanca starebbe preparando la nuova squadra Expo, senza tuttavia consultare Letizia Moratti e Diana Bracco. Segno di un’autonomia gestionale che la dice lunga sul peso decisionale dell’azionista di maggioranza e di quanto sia lontana l’affermazione del Sindaco che “l’Expo è di Milano e dei milanesi.”.

  

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Mayday, mai così tanti tra musica e rabbia

giipri00010120090503.jpegPiù di centomila hanno sfilato a Milano per la nona edizione: confederali battuti 20 a 1

“Aspiranti veline offresi per posto fisso in parlamento. No contratti
co.co.de”. Così recitava uno striscione appeso al primo piano di uno
stabile all’inizio di Via Torino, una delle arterie centrali di Milano
dove è sfilata la grande parade dell’EuroMayDay009.

Un’ironia
che calza a pennello con lo spirito della MayDay. Quella di quest’anno
è stata la nona edizione, ma lo smalto, l’ironia, l’invettiva, la
rabbia, il desiderio di cambiare sono sempre quelle degli inizi. Con
una differenza: quest’anno hanno partecipato più di 100mila giovani. Una cifra che è il segno dei
tempi e della consapevolezza raggiunta dal lavoro precario. Nulla a
confronto delle migliaia che avevano sfilato nel 2001. E nulla al
confronto  dei 5mila che nella mattinata aveva seguito le bandiere di
Cgil, Cisl e Uil. MayDay batte il sindacato confederale 20 a 1.

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