Il Parlamento ha approvato, dopo due anni di lavoro incontrastato una legge contestata a suo tempo soltanto dal Presidente della Repubblica per la sua evidente incostituzionalità che indebolisce moltissimo il lavoratore a vantaggio del datore di lavoro e dello stesso sindacato che acquisisce nuovi e pericolosi poteri con l’arbitrato. La CGIL ha mandato qualche gruppetto di manifestanti in un paio di momenti dell’iter parlamentare. Si è limitata a commentare educatamente il testo approvato assieme al PD che in verità ha votato contro ma ha lasciato passare senza fare le barricate che Bersani promette per il lodo Alfano. In sostanza, sembra che la CGIL abbia già metabolizzato il collegato lavoro come a suo tempo ha metabolizzato la legge trenta o Biagi e come ha digerito l’accordo separato sul contratto attraverso i rinnovi di categoria.
L’azione della CGIL sembra deliberatamente congegnata a consentire la realizzazione e l’irreversibilità di scelte rivolte a limitare i diritti ed a sfasciare l’impianto dei rapporti attuali di lavoro. I tempi sono sfasati rispetto lo sviluppo della realtà che è in accelerato sviluppo. Di quello che stanno perdendo i lavoratori difficilmente si recupererà qualcosa in caso di svolta politica. Forse il governo Prodi ha cambiato qualcosa del suo predecessore? Una linea sembra unire destra e “sinistra” parlamentare ed è quella dettata dalla Confindustria. A questa linea si adeguano sfacciatamente la Cisl e l’Uil e la CGIL finge di opporsi programmando reazioni prive di sostanziale contenuto e lontane nel tempo.
Naturalmente la manifestazione della CGIL si farà di sabato come vuole Bonanni che indica questo giorno non lavorativo come il più adatto per gli scioperi (sic!) e come vuole Ichino che non ama lo sciopero e ne discute il diritto di esercitarlo ai lavoratori riservandolo ai sindacati (il corporativismo fascista ogni tanto risorge dove neppure te lo aspetti).
La Fiom chiede a gran voce lo sciopero generale. In verità non ha le carte in regola per farlo dal momento che si è comportata esattamente come la CGIL. Il 16 ottobre è stato soltanto una manifestazione, un grande comizio convocato a Roma, un momento bello e magnifico di mobilitazione democratica ma niente di più. Anche il 16 ottobre era un sabato.
Sembra esserci un accordo per non scioperare in Italia tranne che per le situazioni che esplodono spontaneamente e che non ci sia questione abbastanza grossa per smuovere la CGIL. Ci sono stati tantissimi scioperi per la scuola ma non hanno mai avuto un momento di unificazione nazionale. In Francia si è fatto uno o più scioperi nazionali per la scuola. In Italia le agitazioni presenti in tutto il Paese non hanno mai avuto una guida, una direzione nazionale.
Negli ultimi due anni ci sono stati tre scioperi generali della CGIL. Tutti sul fisco. Nessuno sintonizzato su quanto stava realmente accadendo nel Paese.
Anche il prossimo sciopero generale accettato a denti stretti da Epifani al comizio dei metalmeccanici non è detto che non sarà finto. Una cannonata a salve. Non basta fare lo sciopero generale se non si mettono in discussione le scelte del padronato e del governo.
Il miope collaborazionismo dei sindacati e della opposizione al padronato porta soltanto frutti avvelenati o marci. Venti milioni di lavoratori stanno male e guadagnano la metà di quello che guadagnano i francesi o i tedeschi. Sei milioni di questi sono precari e con salari sotto i seicento euro (sic!) Ma tutto questo non solo non basta per rimettere in piedi l’economia italiana ma è addirittura controproducente: genera depressione, insicurezza, stress, assenza di futuro. Bassi salari ed assenza di diritti sono tutt’altro che patriottici e affossano assieme ai lavoratori il Paese.
Piccola premessa. Questo è l’ennesimo scritto di Pietro Ancona che 0spitiamo. Le sue osservazioni ci sembrano molto pregnanti e spiegano con chiarezza le relazioni che intercorrono fra il maggiore (e peggiore) partito di opposizione, il Pd, e il maggiore sindacato italiano, la Cgil. Con altettanta chiarezza sono esplicitati i rapporti (di forza) fra quest’ultima e la Fiom. Bisogna discernere per capire ed è necessario comprendere per scegliere. Noi abbiamo scelto un punto di vista “precario” (certo, siamo precari/e…) e pensiamo che se non si crea conflitto nei luoghi (e nelle generazioni) ove la precarietà è nata e si è diffusa ogni risposta sarà parziale e farà il gioco di questa o quell’altra organizzazione. Altro che interesse generale! Un conflitto nuovo, radicale, giovane ed incisivo è cosa buona, giusta, ma soprattutto possibile. Ciò che accade nella metropoli milanese lo dimostra…
IL PATRIOTTISMO DI MENO DIRITTI E BASSI SALARI.
di Pietro Ancona, ex sindacalista cgil
Si lascia fare a governo e padronato tutto quello che vogliono. Senza reagire nei tempi e nei modi che renderebbero utile e produttiva l’azione. Sembra che i sindacati italiani, come diceva qualcuno in tv, siano prigionieri degli interessi imprenditoriali e debbano fare necessariamente cose che ne consentano la realizzazione degli obiettivi.
I tempi di reazione della CGIL, non parlo di Cisl ed Uil che si sono schierati con Confindustria e Governo, sono anacronistici. I modi sono puramente dimostrativi. Una manifestazione viene annunziata con due mesi di anticipo per il 27 novembre, un sabato, su una piattaforma generica che chiede tutto ma di fatto non chiede niente perchè non indica una sola cosa specifica: “a difesa del lavoro e della contrattazione, per la tutela dei diritti dei lavoratori, per chiedere sviluppo, equita’ e giustizia sociale”. Come e dove ed attraverso che cosa si tutelano i diritti appena lesionati in modo irreparabile dal collegato lavoro non è dato sapere e quasi niente è dato sapere su tutti gli altri punti.
La coerenza del sindacato (nel favorire la precarietà)
Nel1996 il Presidente del Consiglio Massimo D’Alema, alla Fiera del Levante di Bari, pronuncia una frase che diventerà storica “Scordatevi il posto fisso”. La dichiarazione trova applicazione nella Treu (1997), che istituisce in Italia il lavoro interinale. Tale legge ottiene l’avvallo dei sindacati e dei partiti della sinistra (Prc compreso). Per due ragioni, raccontano: l’interinale avrebbe interessato solo “qualifiche ad elevato contenuto professionale”, inoltre il sindacato avrebbe vigilato, tramite i contratti collettivi, e garantito ogni abuso. Passano gli anni. Grazie alla firma di Cgil, Cisl e Uil il lavoro interinale viene introdotto nel settore artigianale (1999), nel settore dell’edilizia (1999), nel settore metalmeccanico e nel settore pubblico (2000). Dov’è “l’elevato contenuto professionale”? Siamo al maggio 2004. Passando attraverso il rinnovo del contratto tessili-abbigliamento arrivano norme peggiorative sul tempo determinato, job sharing e apprendistato che recepiscono interamente il decreto 368/01: si possono prevedere contratti atipici per una certa quota di lavoratori, non sempre controllabile. La Cgil si era pronunciata contro tale decreto. Perché, allora, firma quel contratto?
L’abitudine a dichiararsi contro una legge per poi siglare contratti che ne consentono l’applicazione raggiungerà il parossismo dopo il varo della Legge 30, impropriamente nota come Legge Biagi. Non ultimo (2007), il caso dell’accordo su Atesia. Una firma che è ancora una ferita aperta.