Lunedì 24 marzo nell’Aula Magna dell’Università Statale, aperta per l’occasione, organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza, con la partecipazione dell’ordine degli avvocati milanesi, dei consulenti del lavoro, di Confesercenti, e ovviamente con il patrocinio di Expo SpA e del Comune di Milano, si è svolto il convegno: “Le regole del lavoro per Expo 2015“.
Anche San Precario è intervenuto, in un clima un po’ surreale, non solo per la presenza di un cospicuo numero di forze dell’ordine all’esterno e di agenti della Digos all’interno.
L’Assessore al Lavoro del Comune di Milano, Cristina Tajani, ha rivendicato la firma del protocollo del 23 luglio 2013 tra le parti sociali, Expo e lo stesso comune di Milano in nome della garanzia di sicurezza dei lavoratori, non certo in nome della garanzie delle tutele. Come è noto, infatti, tale protocollo ha anticipato a livello locale ciò che il governo Renzi ha poi esteso a livello nazionale con il decreto-legge 34: la totale liberalizzazione del conratto a tempo e dell’apprendistato, con il fine di rendere tali contratti precari il contratto tipico di riferimento .
Anche il sottosegretario al lavoro, Luigi Bobba, a nome del ministro del lavoro Poletti, si è speso in elogi per il protocollo del 23 luglio al fine di magnificare l’Expo2015 come momento di innovazione contrattuale e sociale. Con un unico avvertimento: solo società di volontariato e non profit possono assumere lavoratori volontari e quindi occorre che la società civile (e non solo Expo SpA) si mobiliti per trovare la disponibilità a lavorare gratis in nome della gloria.
L’Università e l’accademia italiana, sempre servizievoli, si sono già dati disponibili. E infatti il prof. Maresca (La Sapienza di Roma), si è prodigato nel suo intervento in una difesa sperticata del jobs act di Renzi. Ma se la nuova legislazione del lavoro sul contratto a termine lo rende così libero, deregolamentato e utilizzabile sino ad un arco di 3 anni – ha chiesto San Precario – perché allora per coprire i 20.000 posti di lavori necessari per gli 8 mesi di Expo, si ricorre a 18.500 sono volontari senza remunerazione? Forse perché risulta un vincolo per Expo il
fatto che il lavoro debba essere, seppur miseramente, pagato?
Se ciò che avviene per Expo poi avviene per tutti Italia, dobbiamo aspettarci che il lavoro volontario (moderna forma di schiavismo) diventerà la nuova tipologia del lavoro futuro per fini produttivi e di profitto per pochi?
Non c’è stata risposta. Il tema del lavoro gratuito non rientra nelle “regole del lavoro”, è inesistente. Si è preferito insistere, anche grazie alla collusione delle parti sociali (sindacati concertativi in testa), sull’eccezionalità dell’evento Expo, sul suo valore simbolico ed economico (sono state sparate cifre roboanti come la creazione di 200.000 posti di lavoro!), sulla necessità di precarizzare per creare occupazione e amenità del genere. Affermazione che abbiamo contestato: la precarietà – dati alla mano – non ha mai creato occupazione, anzi ha favorito un processo di sostituzione del lavoro stabile in lavoro precario, e che, proprio per questo, anche i redditi da lavoro sono crollati (insieme alle tutele), accentuando la situazione di recessione economica in atto. Di fronte a questa constatazione si è preferito fare orecchie da mercante.
Se questo convegno aveva lo scopo di far partire una campagna mediatica pro Expo per attirare migliaia di volontari, l’obiettivo è stato del tutto mancato.
Ne vedremo delle belle.
Il volantino distribuito da San Precario, FOA Boccaccio e SOS Fornace
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