Il paese delle culle piene: qui il welfare non è un sogno
Il numero medio di figli è 1,61 e supera anche quello dell’Unione europea. Dalle regioni ricche come il Trentino e l’Emilia riparte la natalità, con l’aiuto delle immigrate. Le aziende si modellano sulla presenza femminile con orari flessibili e più congedi
BOLZANO – C’è un pezzo d’Italia dove i bambini continuano a nascere. Dove le culle sono piene e non vuote. Dove il tasso di demografia supera la media europea, e dove “essere famiglia” più che un evento straordinario sembra essere diventato la normalità.
Siamo a Bolzano, Alto Adige, provincia autonoma e porta delle Dolomiti, risalendo il paese secondo le statistiche dell’Istat, in una regione in cui la crescita zero appare lontana, e il numero medio di figli per donna, 1,61, distanzia e non di poco la media nazionale ferma a 1,42, e quella della Ue, dove il tasso di fecondità è di 1,52 bimbi per ogni mamma. Bisogna venire qui per capire quest’Italia rovesciata, dove al Sud storicamente “ricco” di bambini e oggi con la demografia in caduta libera, si è sostituito quest’angolo di Nord Est, tra vigne, montagne e filari di mele, in cui le aziende provano ad essere family-friendly, a conciliare lavoro e famiglia, la crisi c’è ma si vede un po’ meno e gli ospedali hanno il record positivo di parti naturali.
Da 0 a 3 anni i più piccoli possono contare su una rete capillare di asili nido, micro-nidi e tagesmutter (gli asili a domicilio), le famiglie ricevono sostegni statali, regionali e provinciali, muti agevolati e trasporti gratuiti, le aziende concedono part time, telelavoro. E così a Bolzano come a Trento, capitali italiane della demografia, i bambini continuano a nascere, “sostenuti da un welfare in affanno ma ancora forte”, sottolinea Eugenio Bizzotto, del Dipartimento per la Famiglia della Provincia di Bolzano, anche se i bollettini dell’Astat, l’istituto locale di statistica, ricordano che qualche anno fa andava ancora meglio.
I tagli ci sono, anche qui. Ma all’asilo nido comunale “Il grillo parlante”, struttura di legno e vetro circondata da prati e montagne alla periferia di Bolzano, nel tepore dell’ora della siesta, il mondo dei bambini sembra essere protetto da un filtro di serenità e cura. Il più piccolo ha 5 mesi, il più grande 3 anni, le stanze sono in penombra, i lettini tutti occupati, nel silenzio si sentono i loro respiri regolari. Intorno spazi ampi, colori, grandi oblò perché i muri non siano cesure dello sguardo, c’è l’angolo dell’arte, la stanza dove si sta a piedi nudi per scoprire la differenza tra le cose, come una montagna granulosa di farina di polenta o un sacco pieno di oggetti. Al piano di sopra c’è il luogo dei travestimenti, i bagni hanno le vasche per i giochi d’acqua, e un ascensore conduce alla palestra con il teatro.
«Qui usiamo soltanto pannolini di stoffa e cibi biologici – racconta Roberta Passoni, coordinatrice del nido – e possiamo ospitare fino a 42 bambini. Per realizzare l’asilo abbiamo a lungo lavorato con gli architetti, perché tutto potesse rispettare e stimolare la creatività dei più piccoli, ed essere un luogo accogliente anche per i genitori, che possono lasciare qui i figli fino alle 15,30 del pomeriggio, mentre altri nidi sono aperti fino alle 18. Del resto il nido deve permettere di conciliare famiglia e lavoro, e noi cerchiamo di rendere il distacco tra la casa e il “fuori” il più lieve possibile».
È dalle regioni ricche come il Trentino Alto Adige o l’Emilia Romagna che il tasso di natalità è ripartito in Italia, seppure con il congruo sostegno dell’immigrazione. “Sono soprattutto le donne con 35 anni e oltre – si legge nel bollettino dell’Astat sulla natalità in Alto Adige – e principalmente quelle di nazionalità italiana, ad aver fornito il maggior apporto al recupero della fecondità locale”, con una percentuale dell’80% di nascite italiane, e il 20% dovuto alle donne immigrate. Conferma Alessandro Rosina, professore di Demografia alla Cattolica di Milano: «Gli esempi di welfare positivo lo dimostrano: più servizi e più occupazione femminile portano ad una maggiore natalità, creando quel famoso ambiente family-friendly che dà fiducia e ottimismo alle coppie e le spinge a fare anche più di un figlio. In Italia però le isole felici sono ancora pochissime».
E per trovare un esempio “virtuoso”, certificato addirittura con il “Metodo Audit”, sistema di valutazione tedesco che premia i luoghi di lavoro che applicano strategie di conciliazione, bisogna salire a Postal, sopra Bolzano, tra natura e silenzio. L’azienda è la Dr Schar, leader europeo nella produzione di alimenti senza glutine, torte, biscotti, pane, pasta, e arrivando è proprio l’odore del pane fresco che si sente per tutta la valle. Dentro invece è come entrare in un’astronave ad altissima tecnologia, dove ogni “pezzo” viene impastato e infornato secondo rigorosi criteri scientifici. Un’azienda giovane, in veloce espansione, 189 dipendenti di cui 91 donne.
«Proprio l’alta presenza femminile nella nostra azienda ci ha portato ad attuare misure come gli orari flessibili, il telelavoro, il part time, l’estensione di sei mesi dei congedi di maternità – dice Herbert Spechtenhauser, direttore delle risorse umane – e non avendo ancora un asilo aziendale paghiamo ad ogni lavoratrice il 30% del costo di una tagesmutter. Spesso anche i neo-padri usufruiscono del congedo di paternità, e tutto questo si è trasformato in un rapporto di alta fidelizzazione con i dipendenti e in un bassissimo ricorso alla malattia».
Mamme che lavorano e culle piene. Nel 2009 nella provincia di Bolzano sono nati 5.232 bambini, di cui 1700 nel reparto di Ginecologia e Ostetricia diretto dal professor Sergio Messini. «Abbiamo strutturato le sale parto come se fossero delle stanze di casa, il travaglio si può fare nell’acqua, sul soffitto tante luci ricordano un cielo stellato, mentre aromi, massaggi e musica rendono questa fase più lieve, meno dolorosa.
Le donne sono libere di scegliere la posizione che preferiscono per partorire, ognuna ha un’ostetrica tutta per sé, che la segue anche dopo, a casa – spiega Sergio Messini – ma siamo in grado di organizzare un cesareo in 5 minuti e abbiamo un reparto all’avanguardia per le patologie neonatali. E questo recupero della “naturalità” pur nella totale sicurezza medica, ci ha portati ad avere il minor numero di parti cesarei in Italia, circa il 20% contro il 35% della media nazionale. Avere figli del resto è un fatto normale, oggi invece è diventato un evento straordinario e raro…».
dalla repubblica.it (16 ottobre 2010)