da Repubblica economia 10 luglio 2012
I dati sui lavoratori atipici elaborati dall’ufficio studi della Cgia di Mestre confermano l’alta concentrazione nel pubblico impiego e al Sud e cancellano un luogo comune: solo il 15% sono laureati (e quasi la metà hanno il diploma). Il record in Calabria e Sardegna
L’esercito dei precari: quasi 3,5 milioni con uno stipendio mensile di 836 euro Solo il 15% dei precari ha una laurea
MILANO – Sono oltre tre milioni e campano con poco più di 800 euro al mese. E’ l’esercito dei lavoratori precari d’Italia secondo un’analisi fatta dal centro studi della Cgia di Mestre. La ricerca smentisce anche un luogo comune molto diffuso sul precariato e che “identifica il precario in un giovane con un elevato livello di studio”. A impressionare, però, sono ancora una volta i numeri: i lavoratori con contratti a termine sono 3.315.580, guadagnano 836 euro netti al mese, che è la media tra i 927 euro dei maschi e i 759 euro per le donne.
Laureati e non. Per quanto riguarda il titolo di studio, solo il 15% è laureato, quasi uno su due (per l’esattezza il 46% del totale) ha un diploma di scuola media superiore, mentre il restante 39% circa ha concluso il percorso scolastico con il conseguimento della licenza media.
Dove lavorano. La più alta concentrazione di lavoratori precari italiani è nel pubblico impiego. Infatti, nella scuola e nella sanità ne troviamo 514.814, nei servizi pubblici e in quelli sociali 477.299. Se si contano anche i 119mila circa che sono occupati direttamente nella pubblica amministrazione (stato, regioni, enti locali, etc.), il 34% del totale dei precari italiani è alle dipendenze del pubblico (praticamente uno su tre).
Pianeta precarietà. Gli altri settori che registrano una forte presenza di questi lavoratori atipici sono il commercio (436.842), i servizi alle imprese (414.672)
e gli alberghi e i ristoranti (337.379). Se si guarda alla distribuzione geografica, infine, è il sud l’area dove il ricorso al lavoratore precario è maggiore. Oltre 1.108.000 lavorano nel Mezzogiorno (pari al 35,18% del totale), dove le realtà più coinvolte, prendendo come riferimento l’incidenza percentuale sul totale degli occupati a livello regionale, sono la Calabria (21,2%), la Sardegna (20,4%), la Sicilia (19,9%) e la Puglia (19,8%).