3 novembre 2011 – L’Espresso
Un progetto on line chiamato WikiStrike. Per riunire tutti i lavoratori senza diritti e sottopagati. Confrontandosi sul «nuovo schiavismo». E sognando «il primo sciopero mondiale dell’era digitale»
Nasce così, da tanti contributi e testimonianze via Web, ‘Wikistrike’, il primo libro-manifesto di San Precario, il collettivo senza padri, padrini e padroni nato nel 2004 e santificato ogni primo maggio durante la MayDay, la marcia dei precari d’Europa. Il testo stampato e distribuito in molte situazioni collettive, manifestazioni, riunioni e convegni, è un vero vademecum contro la precarietà esistenziale.
‘Wikistrike’ vuole essere denuncia e riscatto, richiesta di cospirazione («co-spirare è respirare insieme»): nel manifesto riecheggiano molti dei motivi che negli anni hanno portato i movimenti sociali a rivendicare un reddito garantito per tutte e tutti, indipendentemente dal fatto che si lavori o meno (vedi la rete BIN – Basic income network), ed è una critica feroce al sistema liberista e al capitalismo familiare del nostro paese che precarizza tutti rendendoci nemici: «I disoccupati diventano nemici degli atipici, che competono con i garantiti, e tutti insieme se la prendono coi migranti», si dice ad esempio.
Wikistrike non si limita a semplici rivendicazioni, è un invito all’azione che denuncia da una parte la disillusione nei confronti delle opzioni riformiste dei difensori del libero mercato, dall’altra, la consapevolezza di quanta ideologia e costruzione del consenso si nasconda dietro le magnifiche e progressive sorti della comunicazione d’impresa e del marketing e, in perfetto stile subvertising, ne ribaltano il segno.
I wikistriker sono infatti fratelli sia degli Steveworkers, i “Lavoratori di Stefano” che oggi hanno un proprio hashtag su Twitter per «decostruire l’apologetica e acritica ricostruzione della figura di Steve Jobs (Stefano Lavori)» il quale, dicono, «nella presunta moltiplicazione degli iPani e degli iPesci« avrebbe reso felice mezzo mondo e schiavizzato il resto. Sono parenti di Lutherblisset, l’agitatore culturale collettivo che, nelle sue varie declinazioni, ha contribuito a creare una contronarrazione delle sorti del capitalismo cognitivo e dell’innovazione tecnologica, a cominciare da quanto raccontato nella newsletter Giap! sullo sfruttamento dei lavoratori cinesi della Apple.
E molti di loro sono gli stessi di #occupyInternet (che manifestano digitalmente su circa 200 siti nel mondo), che sono gli stessi di #occupyWallStreet, che sono gli stessi dei campeggi indignados, eccetera eccetera.
I wikistriker non sono nati oggi. Semplicemente declinano in digitale la rabbia, le utopie e le rivendicazioni dei lavoratori della Silicon Valley di trenta anni fa raccontati magistralmente dalla rivista Processed World (Ribellione nella Silicon Valley. Conflitto e rifiuto del lavoro nel postfordismo, ed. Shake, 1998), snocciolando tecniche di guerriglia semiotica e liste di azioni di sabotaggio da applicare nel mondo del lavoro immateriale. Come? «Immaginate se per un giorno non funzionassero i trasporti, se non arrivassero le merci della grande distribuzione, se si intasasero i call center e i server informatici, se non rispondessimo al telefono. Siete sicuri che quando una cosa non funziona sia casuale? Siete sicuri che non ci sia in azione un wikistriker stanco e sfruttato? ».
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