Bello e impossibile – Rosati (Cgil) vuol sposare San Precario

1 Maggio 2007 – Il Manifesto 
Bello e impossibile
Rosati (Cgil) vuol sposare San Precario
«Rosati chi? Quello che invita sempre la Moratti al Primo Maggio?» Questo il commento più blando tra i partecipanti alla Mayday Parade. Poche ore prima dal palco «ufficiale» in Piazza Duomo il segretario della Cgil , Onorio Rosati, aveva lanciato l’idea d’unificare l’anno prossimo le due manifestazioni, quella sempre più rachitica e spenta dei confederali e quella creativa dei precari. Oddio, l’idea sarebbe anche buona. Ma è arrivata in ritardo ed è sembrata una boutade estemporanea per farsi notare. Un consiglio per il futuro: la prossima volta la Cgil ci riprovi con qualcuno dei suoi meno indigesto a San Precario.

 

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Sapelli: confederali e Mayday parade, un solo corteo

1 maggio 2007 – Corriere della Sera – cronaca di Milano

Sapelli: confederali e Mayday parade, un solo corteo

di Marco Cremonesi

«Il mio auspicio? Che la si finisca con le due manifestazioni separate, quella dei sindacati confederali e il mayday ». Giulio Sapelli, insegna storia economica in Statale, è presidente della holding di Palazzo Isimbardi Asam, ed è stato membro di alcuni dei più importanti cda italiani, da Eni a Coop a Fs a Montepaschi.
Sembra che ormai il doppio corteo sia tradizione consolidata.
«Ma è sbagliato. àˆ una cosa che in qualche modo diminuisce il Primo maggio. Come se i problemi del lavoro si potessero separare».
C’è anche chi ritiene che la festa del lavoro sia ormai obsoleta.
«Io non credo. Il lavoro resta una dimensione essenziale, capace oltretutto di rinnovare costantemente la sua sfida. Basta guardare l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale, che al lavoro dedica pagine e pagine. Anzi, io direi che il Primo maggio in un certo modo sta vincendo».
In che senso?
«Nato negli Stati Uniti — dove si lavora anche il Primo maggio — cresciuto nella vecchia Europa, ormai questo appuntamento è globale, festeggiato anche dai sindacati islamici in Indonesia. Se c’è una novità  rispetto al passato, è che si è svincolato dal movimento socialista che lo ha generato e oggi appartiene alla democrazia universale».
àˆ vero però che il lavoro ha cambiato parecchio le sue caratteristiche, a partire dal grande tema flessibilità  o precarietà .
«Non c’è dubbio. Proprio per questo a me piacerebbe la "riunione" dei due cortei. Per dare forza e sostanza all’idea che la flessibilità  è una necessità , purché non sia ridotta a precarietà ».
E come si fa?
«Bisogna mettersi intorno a un tavolo e ragionare su come rinnovare i diritti fondamentali: il salario di cittadinanza, un nuovo welfare dovrebbero diventare oggetto di piattaforme per così dire universali. Anche perché, di garanzie non ce ne sono più per nessuno. Non nella grande impresa, ma neppure nel pubblico impiego: ormai, le assunzioni degli enti pubblici avvengono soprattutto attraverso contratti atipici».
C’è chi propone un concerto del Primo Maggio anche a Milano.
«Sarebbe un’ottima idea. Un modo per parlare di questi temi in modo diverso e stimolante, per liberare energie e ampliare di molto l’interesse dei più giovani. A Roma, il concertone è diventato una sorta di piccola Woodstock».

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Mayday, ancora in pista a fianco dei precari

01/05/2007 – Liberazione 

Per il settimo anno consecutivo va in onda, a Napoli e Milano, il primo maggio di chi i diritti non può nemmeno immaginarli. «Si parla tanto ma si fa poco»

 

Mayday, ancora in pista a fianco dei precari

 

E per il settimo anno, Mayday Mayday!
Dopo anni di mancato riconoscimento e oblio, il 2007 sarà  l’anno dei precari e delle precarie. Sono stati sulla bocca di tutti durante la campagna elettorale e lo sono ancora oggi nei tavoli di riforma del welfare e nei comizi di tutta la sinistra partitica e sindacale. Disgraziatamente, tutto questo parlare di precarietà  non porta nulla di utile per i precari: chi oggi cerca di rappresentare gli interessi dei precari, lo fa con dubbia strumentalità  o, alla meglio, con l’incapacità  di comprendere un corpo sociale difficilmente interpretabile attraverso le lenti tradizionali della sinistra.
Il 4 e il 17 novembre 2007 ci sono state una manifestazione e uno sciopero contro il precariato (incuranti del fatto che il precariato siamo noi!), che hanno confermato i limiti di partiti e sindacati. A differenza di altri che cambiano nome, senza cambiare persone, pratiche e parole d’ordine, la Mayday si rinnova ogni anno, ed ogni anno ad animarla sono centinaia e migliaia di lavoratrici, di precari, native e migranti, che investono le proprie energie, la propria passione, la propria intelligenza per mostrare un modo diverso di pensare ed attuare la lotta alla precarietà . Unica costante: adottare quegli strumenti che le imprese usano per penetrare e controllare il sociale, cercando di scardinare quella morsa di ricatto e consenso, di nefandezze e fascinazione che nutre il sistema neoliberista.
àˆ questa presa sul sociale che permette oggi alle imprese di arricchirsi, ed è su questo piano che si conduce la lotta alla precarizzazione. Non crediamo che questo governo, in tutte le sue componenti più o meno di sinistra, si dimostrerà  capace di agire realmente contro i meccanismi che generano la precarietà : troppo supino ai ricatti di chi "fa girare l’economia", troppo stolido per comprendere i propri limiti storici e troppo cerchiobottista per assumere posizioni decise e incisive.
Le misure in realtà  sono sconcertanti nella loro semplicità . Minimo: riduzione delle forme contrattuali, salario minimo, orario, abolizione della cessione di un ramo d’azienda. A questo va aggiunto una forma di reddito garantito, che permetta una reale libertà  di scelta di vita, non più sottoposta al ricatto del bisogno e della subalternità : una continuità  di reddito diretto e indiretto (sotto forma di servizi comuni e sociali) che deve essere incondizionata (per non cadere sotto l’ombrello del controllo sociale), per tutti i residenti (e non solo per i "cittadini"), finanziata dalla fiscalità  generale e non dall’Inps e dai contributi sociali (partita di giro tra lavoratori).
Purtroppo restiamo convinti che tutto questo non si otterrà  attraverso governo ("taroccato" come questo o meno), partiti e sindacati vari, ma che solo l’autorappresentazione e l’autorganizzazione di gruppi di precari sempre più ampi metterà  sul piatto della bilancia una forza non controllabile e determinata a sufficienza per poter strappare ciò che merita e necessita: un po’ di dignità  e la possibilità  di vivere liberamente.

"Agenti dell’intelligence precaria"

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MayDay, atto 7: 60mila a Milano San Precario a suon di musica

3 maggio – Liberazione

In piazza i lavoratori in lotta e molti migranti

MayDay, atto 7: 60mila a Milano San Precario a suon di musica

di Francesco Purpura 

Per la settima volta consecutiva la mayday parade milanese sfila per le vie della città  portando in piazza decine di migliaia di precari. Cinquanta, sessantamila giovani (e non) hanno riempito le strade di Milano nel pomeriggio del Primo Maggio in una manifestazione se possibile ancor più riuscita, partecipata e colorata delle precedenti.
In contemporanea con oltre venti città  europee, come ormai da tre anni a questa parte e in rete con le iniziative di Napoli, Palermo e L’Aquila, quasi trenta camion hanno scandito i suoni, le rivendicazioni e le vertenze dei precari milanesi che non si riconoscono nelle politiche concertative di Cgil Cisl e Uil. C’erano i lavoratori della Wind di Sesto S. Giovanni, da mesi in lotta contro i processi di esternalizzazione che minano i posti di lavoro,supportati dai "cospiratori precari" di Genova del centro sociale Terra di Nessuno, gli ormai veterani "precari dello spettacolo", come sempre in cooperazione con il Circolo Anarchico Ponte della Ghisolfa, il "coordinamento degli operatori sociali" che insieme al centro sociale Pacì Paciana di Bergamo animavano un carro rosa shocking, i neo-ccupanti dell’Asso, il collettivo di studenti universitari che ha dato vita pochi giorni fa ad uno studentato autogestito impossessandosi della storica sede del Pci/Pds/Ds di Via Volturno, un camion enorme della "città  di sotto", nodo sociale della costituente Sinistra Europea che appoggiandosi al Leoncavallo ha visto la partecipazione di delegazioni da diverse città  italiane e tanti altri ancora.

C’erano ovviamente anche i sindacati di base, a cominciare dalla sempre più visibile Cub, che ha riempito di bandiere tutto il percorso e che, forte del suo ruolo di co-fondatore dell’iniziativa, ha colonizzato la piazza d’arrivo della manifestazione, presenti così come le delegazioni del Sindacato Intercategoriale dei Lavoratori, con una partecipazione significativa di migranti, gestori e operatori dei phone-center che la recente legge 6 del governatore Formigoni costringe di fatto a chiudere e che quindi ricordavano come "ci hanno fatto diventare precari per legge". E poi tantissimi piccoli gruppi, micropresenze da ogni dove a confermare, se non nei numeri sicuramente nell’estensione territoriale e nella diversità  di provenienza, l’ormai consolidato superamento della mayday sul sempre più fiacco e incolore primo maggio sindacale. «E’ un fatto incontestabile -ha dichiarato Piergiorgio Tiboni, – che si è trattato della più importante manifestazione per il Primo Maggio che si è tenuta in Italia.

La mobilitazione di tante persone, tra cui la novità  di quest’anno è la partecipazione di migliaia di studenti delle superiori e delle università  – continua Tiboni – dà  la misura dei bisogni e della partecipazione alle lotte per una profonda modifica della politica economica e contro il lavoro precario». Mayday, atto settimo quindi. Sette anni intensi, di crescita, in cui, come recita il sito di Chainworkers che in questi anni ha tessuto la trama e le fila di quest’esperienza, si è passati dalla "sorpresa" di un nuovo soggetto che affermava la sua esistenza nel 2001 e 2002 al dichiarare poi la condizione sociale (e non solo lavorativa quindi) della condizione di precarietà  nel 2003. E’ seguita l’invasione dei cinquantamila del 2004, primo anno di moltiplicazione delle parade precarie nelle città  europee e di comparsa sulla scena di quel San Precario che negli anni a venire diverrà  vera e propria icona no-copy degli attivisti maydayani lungo tutto lo stivale. Proseguono il percorso storico-politico gli Imbattibili, i supereroici modi in cui nel 2005 vengono comunicate e rappresentate le diverse forme di resistere alla precarietà  per arrivare infine all’anno scorso in cui, provocatoriamente, si afferma che se è l’intera vita dei precari ad esser messa in gioco allora la lotteria in cui s’è inseriti (e che viene resa parodia) è il meccanismo da inceppare per non sentirsi dire sempre e comunque "ritenta, sarai più fortunato".

Quest’anno, con la collaborazione anche di Liberazione, i richiestissimi "Tarocchi precari" hanno mostrato a tutti le due facce possibili delle mille diverse condizioni precarie: sfruttamento e mancanza di diritti da un lato ma cospirazione, iniziativa e rete solidale dall’altro. E i manifestanti di Milano hanno già  detto chiaramente da che parte si collocano.

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Pesca la carta e ti dirò chi sei

 03/05/2007

3 maggio 2007 – Il Manifesto

Milano. Alla parata dei precari si divina il futuro e si consultano i tarocchi

Pesca la carta e ti dirò chi sei

100 mila alla Mayday parade

di Sara Farolfi

 

Milano – Il futuro? Alla Mayday si legge destino. E per conoscerlo si consultano gli «arcani» della precariomanzia gratuita. Pochi scampoli di speranza, però, per i centomila precari che ieri hanno sfilato lungo il centro di Milano. Hai tra le mani la «papessa», donna in pettorina rosa che simboleggia il diritto alla casa, agli affetti, al tempo e al sesso? Allora c’è da sperare di trovare subito il «santo». E il destino promette una maternità  desiderata con i contributi pagati. Alla sua settima edizione, meno partecipata – notano in molti – almeno per quanto riguarda alcune delle sigle della cosidetta sinistra radicale, la parata precaria milanese continua ad intercettare comunque un «bottino goloso». Decine di migliaia di giovani e giovanissimi che vivono la precarietà  come condizione esistenziale. Del lavoro e degli affetti. Diffidano della rappresentanza, politica e sindacale, e rivendicano il loro protagonismo. Inutile dire a che santo sono votati. Eccola la Mayday, precaria pure lei a soli sette anni, nel suo carnevalesco procedere tra il serio e il faceto. A ciascuno il suo arcano. Gli autorganizzati dello spettacolo, i giornalisti «creAttivi» e gli ormai storici precari della Scala, che aprono la colorata sfilata, esibiscono l’«appeso». Quello che attende il rinnovo del contratto, o il pagamento del lavoro svolto sei mesi prima. «Il più precario dei precari», al quale l’unica speranza può arrivare dalla «telefonista». In maglietta rossa, si presentano le «Winders», lavoratrici (e qualche lavoratore) del call center Wind di Sesto San Giovanni, di recente esternalizzati ad Omnia. Una trentina di loro al corteo. Contratto a tempo indeterminato, raccontano, «ma il nostro lavoro – è legato ora a una commessa da cui Wind potrebbe recedere in ogni momento». E con Omnia – dice – «ci sono già  problemi con l’accredito degli stipendi». Sullo scorcio di piazza Duomo, come di consueto, san Precario intona «o mi bela madunaina, che sta mai hands in hands». «L’ambiente va tutelato a tempo indeterminato» dicono i precari dell’Arpa, che per l’occasione è diventata l’«agenzia regionale dei precari dell’ambiente». Vicini, i precari del Comune di Milano. La «catena» è il loro arcano, «quella che ti lega al lavoro, agli schedari, all’ufficio…». A proposito di Comune, immancabili i commenti del vice sindaco Riccardo de Corato. Per lui è una «spray parade», vede solo le scritte comparse su alcuni muri in solidarietà  agli arrestati del 12 febbraio scorso e al centro sociale Gramigna. Ma mai come quest’anno la Mayday è filata via come una grande festa. Qualche centro sociale esibisce l’«immobile», temibile arcano che «se accompagnato dalla Macchina, può simboleggiare le ruspe che abbattono il centro sociale». Dietro, il carro dei migranti, «cittadini di fatto» si definiscono, quest’anno con l’inedita presenza di qualche cinese. A chiudere la parata, i sindacati autonomi Cub e SdL. Mario esibisce il suo cartello: «Sono a tempo determinato, scado il 3 maggio». Gran finale, come sempre, al castello Sforzesco tra musica e balli in piazza. Difficile da cogliere in una parola, la parata che fa della sua molteplicità  e irriducibilità  agli schemi della rappresentanza la propria ragione d’essere. Per l’anno prossimo, sentita la cartomante, si spera nel jolly.

 

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